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Dalla
preistoria all'alto medioevo
Alghero conserva, nei suoi immediati dintorni,
numerose tracce della presenza di comunità umane, variamente
disposte (e disperse) sul territorio.
La traccia più antica è addirittura coeva alle
tracce più antiche della presenza umana nell'intera
isola, che si fa risalire al Neolitico antico (ma ora cominciano
ad apparire anche i segni del Paleolitioo). Nel grande promontorio
calcareo di Capo
Caccia, un gigantesco spuntone di roccia che si alza con
la sua scogliera vertiginosa sin quasi a 300 metri e chiude
l'estremità occidentale del golfo, è stata rinvenuta
una grotta naturale, collocata a 75 metri sul mare, che gli
archeologi hanno chiamato Grotta Verde, perché le stalagmiti
sono coperte da un muschio marino di verdi riflessi, o anche
Grotta dellaltare perchè vi è stato individuato
un altare usato anche in periodo cristiano: la grotta fu dunque,
frequentata se non proprio abitata, a partire dal 5000-4000
avanti Cristo sin dentro i primi secoli della nostra era,
come luogo funerario e di culto. Una frequenza, dunque, che
presuppone un retroterra vicino già popolato, con piccoli
gruppi umani che nell'oscurità iridescente della grotta
avevano individuato un luogo di raccolta e di preghiera.Di
un'antropizzazione più densa ci parla anche un altro
monumento della preistoria del territorio, quella necropoli
di Anghelu Ruju, a qualche chilometro della città,
che con le sue 36 tombe è il più grande cimitero
preistorico dell'isola.Verso la fine di quel millennio cominciò
a svilupparsi anche qui, come nel resto dell'isola, la civiltà
nuragica, il cui segno essenziale resta la grande torre di
pietra detta appunto nuraghe.
Un golfo come quello d'Alghero non poteva sfuggire all'attenzione
dei popoli di mercanti-navigatori che correvano il Mediterraneo
nel primo millennio a.C. e che su queste coste dovevano essere
attirati da giacimenti minerari di cui porta memoria alcuni
toponimi come lArgentiera e Porto Ferraio; i più
attivi ed intraprendenti i fenici la traccia più significativa
del loro passaggio è una statuetta in bronzo, proveniente
da un altro nuraghe quello di Flumenelo (bronzetti furono
trovati anche nello scavo del "Palmavera"), che
rappresenta un personaggio, maschile con alto copricapo conico
e con avambraccio destro levato, concordemente attribuita
ad ambiente siro palestinese e datata intorno al 1090: "il
suo ritrovamento nell'entroterra della rada di Porto Conte
- ha scritto l'archeologa Fulvia Lo Schiavo - si inquadra
perfettamente in quella fase di frequentazioni periodiche,
probabilmente stagionali, dei navigatori e mercanti fenici
che, per essere ancora sporadica, non manca per questo di
una precisa consistenza storica". Accanto allo stesso
nuraghe, del resto, una ventina d'anni fa fu scoperto un deposito
di oggetti di bronzo che richiamano, invece, alla penisola
iberica e all'Occidente mediterraneo, e nello stesso tempo
ci testimoniano il possesso, da parte delle comunità
qui insediate, di una tecnica fusoria e di lavorazione dei
metalli ormai abbastanza matura. Meno diffusa, invece, sembra
essere stata la presenza romana. Litinerario Antoniniano
(cosidetto perchè scritto forse sotto l'imperatore
Antonino Caracalla, 211-217 d. C.), nel descrivere la grande
strada romana che portava da Turris Libisonis (Porto Torres)
a Carales lungo la costa occidentale dell'isola, ci segnala
due "stazioni" nei dintorni del golfo di Alghero:
Nure, il cui nome richiama alla regione in cui doveva essere
collocata, la
Nurra (la distanza da Porto Torres "e la tradizione
che parla di un fenomeno di bradisismo che avrebbe inghiottito
un'antica città fra Porto Ferro e il lago
Baratz - ha scritto lo storico Pietro Meloni - hanno persuaso
i più a porre la Nure dell'itinerario in questa zona,
dove opere di dissodamento hanno distrutto una necropoli tardopunica"),
e Carbia, nei dintorni dell'attuale Alghero, vicino alla chiesetta
di S. Maria di Calvia, ove un tempo furono trovate tracce
di questa frequentazione d'età romana. Fra Nure e Carbia
la strada correva lungo la costa, toccando il Nympheus Portus,
l'attuale Porto
Conte, dove in località Sant'imbenia sono stati
trovati i resti di una splendida villa marittima con bagni
e mosaici, degli anni 150-200 d.C., che ha fatto pensare a
questo luogo come ad una località di villeggiatura
marittima, e scavalcando poi lo stagno di Calich con un lungo
ponte a 24 archi, dei quali 13 ancora rimangono, ormai integrati
nel piccolo approdo turistico di Fertilia.
Ma né Nure, troppo a nord, né Carbia, pure più
vicina, sono Alghero. Il nuovo borgo dovette quindi venirsi
formando, forse per la presenza di qualche piccolo gruppo
di pescatori-coltivatori, durante l'alto Medioevo, sino a
quell'inizio del secolo XIII in cui i Doria, allargando il
loro dòminio sulla Sardegna nord-occidentale, fondarono
qui la loro fortezza. |
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