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L'Alghero ritrovata
Nel 1862, sulla spiaggia di San Giovanni, gli algheresi costruiscono uno stabilimento balneare ( lu bagnétu ) che sarà uno dei primi non solo in Sardegna.
Questa struttura è la conseguenza dell'attenzione che gruppi sempre più numerosi della nascente borghesia isolana sassarese e dell'entroterra sta riservando ad Alghero e alle sue bellezze naturali: e come sempre accade, la presenza delle prime strutture ricettive di tipo turistico-balneare comincerà ad attivare un flusso sempre più consistente (anche se per ora in proporzioni molto limitate ) di turismo estivo.Leggere l'ultimo secolo, gli ultimi 125 anni di storia algherese nell'ottica di questo sviluppo turistico non è forse del tutto corretto, anche perché il vero e proprio passaggio dell'economia cittadina, dall'agricoltura, dalla piccola industria, dalla pesca e da un terziario mercantile al turismo è avvenuta soltanto negli anni di questo secondo dopoguerra.
Ciò non toglie da una parte che l’immagine di Alghero si sia caratterizzata, anche urbanisticamente, fin dalla fine del secolo scorso in funzione anche di questa sua "funzione estiva" e che dall'altra la scelta (piuttosto obbligata, alla fine) del turismo sia l'esito di un lungo processo che Alghero ha in comune con tanti altri luoghi dell'isola.A schematizzarli rapidamente, dunque, questi primi novant'anni del secolo possono essere divisi in tre grandi periodi, segnati ciascuno dalla cesura delle due guerre mondiali.
Sino alla prima guerra mondiale, Alghero sembra intensificare la vocazione agricola del suo entroterra, rispetto alla quale svolge però una costante funzione di stimolo il porto, che attiva anche una funzione di "emporio" che Alghero svolge per una fascia (piuttosto ristretta, peraltro) del suo hinterland contadino. Sono gli anni in cui la legislazione speciale per la Sardegna, di cui è punto fondamentale la bonifica agraria, mette a disposizione capitali e incentivi infrastrutturali per imprese di tipo capitalistico nelle campagne: all' azienda Sella e Mosca si affianca la tenuta Surigheddu, costruita dalla Cooperativa milanese, cui seguirà, subito dopo la prima guerra mondiale, l'azienda Mamuntanas dell 'ingegnere sassarese Antonio Serra.Negli anni fra le due guerre, il territorio algherese è interessato da una serie di miglioramenti colturali, e soprattutto dal grande esperimento della "bonifica integrale" realizzata proprio sui bordi del golfo, prima con l'Azienda "Maria Pia" (inaugurata il 13 ottobre 1934) e poi con la "città nuova" di Fertilia (fondata l' 8 marzo 1936) , in cui vengono ad operare, sotto la guida dell'Ente Ferrarese di Colonizzazione, una quarantina di famiglie di coloni "continentali" che metteranno a coltura la vasta piana fra Alghero e il Monte Doglia, ai bordi della Nurra algherese. Qui sorgerà anche un aeroporto, all'inizio con destinazione militare, e un idroscalo (nella vicina baia di Porto Conte), da cui partono i primi voli regolari di linea con la Penisola.La crescita della città è conseguenza di tre fenomeni concentrici: l'aumento generale della popolazione sarda, specie nelle città maggiori; l'accentuata tendenza all'urbanesimo, che ha spostato verso le città popolazione della campagna e dei centri minori; lo sviluppo turistico.La scelta di Alghero come "porta d'oro" del turismo in Sardegna data già ai primi Anni Cinquanta, in cui furono registrati i primi voli charter di turisti stranieri e furono realizzate le prime strutture ricettive moderne fra le quali il grande hotel dell'ESIT, l'Istituto creato dalla Regione per lo sviluppo dell'industria turistica: l'albergo, cessata la sua funzione promozionale, è diventato ora sede di un istituto professionale alberghiero, ma la sua presenza imponente all'inizio del Lungomare è come una sorta di monumento alla storia del turismo algherese).
Questo sviluppo turistico non è senza problemi, soprattutto derivati dal fatto che la "scelta " naturale ha finito per essere, per la città, una destinazione obbligata, di fronte alla crisi delle altre attività (l'agricoltura, anche quella specializzata come l'olivicoltura, stenta a trovare nuove vie, fra le quali pare assumere importanza la floricoltura; la pesca e il commercio sono stabilmente legate ai destini dell'attività turistica; le piccole industrie esistenti in città hanno dovuto smantellare, mentre l'occupazione industriale ha conosciuto il breve momento ascendente dell'industria petrolchimica di Porto Torres e la sua rapida crisi ).
Ma la bellezza della natura (dalle spiagge al disegno della costa al grande monumento naturale che sono le Grotte di Nettuno, fra le più famose d'Italia, già conosciute nel secolo scorso: una lapide vi ricorda anche la visita di Carlo Alberto), la presenza di infrastrutture essenziali come il porto turistico e soprattutto, l’aeroporto, elementi essenziali come la presenza d’una gastronomia locale e un folclore popolare ancora resistente attivano un flusso non più soltanto stagionale che costituisce oggi, la principale risorsa economica della città.
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