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La conquista catalana
L'ipotesi avanzata da uno studioso sardo, Antonio Costanzo Deliperi, secondo cui l'Alghero medioevale è figlia di due piccoli borghi "gemelli", uno collegato ad un piccolo porto, proprietà dei Doria, e l’altro ad una rada centrale, più vasta e più importante, appartenente al giudice di Torres Barisone, unificati dai Doria dopo la morte di quest’ultimo, che ne avrebbe anche allontanato gli abitanti sardi, non ha riscontri documentali.
E' certo che il borgo stette sotto il controllo doriano per almeno un secolo e mezzo, sino al 1353, ed è probabile che sia stata la cultura militare genovese, l'abilità nell'individuare luoghi adatti agli scali, nell'organizzarli e nel fortificarli, a disegnare sul terreno quella "fortezza in forma di città " (la definizione è di Ilario Principe) che Alghero sarebbe poi stata nei secoli: anche se di questo primo impianto non resta nessuna testimonianza, al momento della conquista catalana - sostiene Principe - dovevano già esistere le strutture essenziali della vita associata, la chiesa, la loggia del Comune, la casa detta anche oggi "dei Doria", una prima cinta di mura, un minimo di strutture portuali.Qui la piccola comunità si sviluppò sull'onda dell'interesse commerciale e politico di Genova per la Sardegna, sicché anche su Alghero si appuntarono tanto le mire conquistatrici dei Pisani quanto le linee dell'espansione dei vicini e potenti "giudici d'Arborea", signori della parte sud-occidentale dell'isola: fu con l'aiuto di Mariano IV, infatti, che verso il 1283 i Pisani assediarono la città per quasi un mese, ma senza riuscire ad impadronirsene.Di tutti i centri importanti dell'isola, Alghero è l'ultima ad essere conquistata dagli aragonesi, nel 1353, esattamente trent'anni dopo il primo sbarco dell'infante Alfonso sulle coste del Sulcis: ma già nel 1330 il giudice d'Arborea, che da alleato e ispiratore dell'impresa sarebbe poi diventato acerrimo nemico d'Aragona, aveva scritto al re Pietro IV che la Sardegna non sarebbe mai stata sicura nelle sue mani se non avesse provveduto a conquistare Alghero (e Castelgenovese).
Gli stessi Doria, del resto, non parevano tenere più come prima al possesso della città-porto, tanto che nel 1350 avevano manifestato l'intenzione di rendere al re i loro diritti su Alghero; l'inviato di Pietro, Riambau de Corbera, li compra da Brancaleone e Manfredo Doria, ma Nicolò ed Emanuele si rifiutano di vendere la loro parte e si chiudono nella città, chiedendo l'intervento di Genova, che infatti manda un suo governatore.
Pietro IV ha ormai deciso di intervenire direttamente in Sardegna: nel 1351 proclama che Genova deve rinunciare a tutti i suoi diritti sulla Sardegna, e in particolare a quelli su Alghero, e subito dopo, nelle cortes di Perpignano iniziano i preparativi di quella che si chiama, ormai, "la guerra di Alghero".Per tutta risposta i Doria e gli algheresi, contemporaneamente ma ciascuno per proprio conto, stipulano un trattato con cui cedono "per sempre" a Genova il pieno dominio della città (i Doria resterebbero proprietari di una parte del borgo fortificato ): il 7 marzo consegnano al rappresentante di Genova le chiavi della citta', e 537 cittadini le prestano giuramento di fedeltà.
Ma in Catalogna i preparativi della grande spedizione, a capo della quale è stato posto Bernat de Cabrera, volgono al termine.
Domenica 18 agosto una flotta di 46 galee e 11 altre navi, su cui sono stati imbarcati cavalieri, arcieri e macchine d'assedio, salpa da Mahon, nell'isola di Minorca. La domenica successiva i catalano-aragonesi sono già davanti ad Alghero e il giorno dopo iniziano l'assedio. La flotta genovese, forte di 50 galee e altre 5 navi, comandata dall'ammiraglio Antonio Grimaldi, che era alla fonda nell'isola, dell'Asinara, si presenta nella baia di Porto Conte il martedì 27. Si va subito all'assalto: Grimaldi ha fatto legare fra loro le sue navi, per opporre una migliore resistenza all'assalto degli aragonesi (lo scontro sarà più una battaglia terrestre che un combattimento navale ); si combatte, come dirà il cronista catalano Jeronimo Zurita, “con odio y enemistad increyble". I genovesi sono duramente sconfitti: Grimaldi lascia il campo abbandonando 33 galee che saranno catturate insieme con 3.500 uomini (e 2.000 saranno i morti genovesi nella battaglia).Il 29 gli algheresi mandano a trattare la resa, e il giorno dopo la città apre le porte ai vincitori. Il re, che insieme con la regina ha seguito la battaglia dalla sua nave, scriverà nella cronaca che detterà sulle sue imprese d'Italia: "il nostro capitano, col nostro stendardo spiegato, con le truppe schierate a battaglia, entrò in Alghero e l'occupò in forze". I Doria abbandonano liberi la città, insieme con quanti vogliono andarsene: ma Fabiano Rossi Doria, catturato in combattimento, è condannato a morte e giustiziato in quello stesso 30 agosto.
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