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La cattedrale: il lato sinistro
L’interno della Cattedrale(aula ecclesiale) si compone di una navata centrale e di due laterali, del transetto e dell’abside. La navata centrale è coperta da una volta a botte, ampia ed ariosa ed è separata dalle due laterali da pilastri e colonne doriche. Nel mezzo della crociera s’innalza, molto alta dal suolo, una cupola ottagonale con tamburo; le due braccia del transetto sono coperte in parte da volta a botte ed in parte da volta a vela.
La navata sinistra ha inizio con la cappella di San Carlo Borromeo. A questo punto è bene premettere che l’interno era rimasto quasi spoglio fin dall’inizio del Settecento, e si cominciò ad abbandonare l’uso di costruire altari in legno. Anzi quelli già esistenti, vennero in gran parte sostituiti a poco a poco da nuovi altari di marmi intarsiati, con schermi e forme di stile rococò. La nuova moda venne ad affermarsi proprio quando la Cattedrale si Santa Maria era giunta al termine con la consacrazione del 1730. Ciò spiega bene perchè tutte le cappelle sono arricchite da buoni altari di marmo, solenni e di buon gusto a cominciare proprio da questo primo dedicato a San Carlo. Venne fatto eseguire dal Vescovo Pietro Raffaele Ardoino nel 1858 con la spesa di 4.000 franchi. Una lapide collocata sul lato sinistro ricorda appunto questo vescovo. Ma la cappella, rimasta intatta per circa un secolo, fu molto danneggiata nel bombardamento di Alghero del 1943. L’altare di marmo, col quadro centrale andarono completamente distrutti. Nella ricostruzione parziale, per i consigli di mons Filippo Angioni, la mensa venne sostituita dal fonte battesimale completo della sua originaria pedana di marmi policromi, opera prima addossata alla parete d’ingresso del lato sinistro. L’attuale mosaico, rappresentante il Battista nell’atto di versare l’acqua del Giordano sul capo di Gesù, sostituì la vecchia scomparsa.
Questa raffigurava il golfo di Alghero chiuso dal profilo dei monti di Capo Caccia, con in alto la Madonna cinta di aureola e raggi, e San Carlo Borromeo, in basso, sulla destra, inginocchiato e plorante quasi ad invocare la Vergine Maria di voler proteggere la città che aveva la chiesa madre a Lei dedicata. Dopo il parziale ripristino, con le modificazioni descritte, il fronte monumentale di questa cappella ha nel mezzo, in luogo dell’altare il fonte battesimale di marmo color porfido e sorretta da un angelo. Il prospetto è ricco di quattro colonne, due per lato. Il fastigio è sostenuto da due angeli mentre l’occhio della finestra, che dà luce alla cappella, ha una corona di nuvole e testoline angeliche con ali. Domina nel mezzo un quadro in mosaico rappresentante il Battista nell’atto di versare l’acqua lustrale sul capo di Gesù.
Per la storia ricorderemo che questo stesso Vescovo (nel 1860) istituì in questa cappella, la Congregazione di Gesù e Maria.
Molto in alto, agli spigoli della volta, appaiono due mensole rabescate che dovevano servire da supporto a nervature di volta oggi scomparse. Ai lati si vedono due porte che immettono a sinistra nell’ufficio parrocchiale e l’altra, a destra, nella sagrestia del Duomo. La seconda cappella è dedicata alle Anime Purganti e purtroppo venne sconvolta nel secondo bombardamento di Alghero del 17 maggio 1943.
L’opera non venne ripristinata ed il restauro si limitò soltanto ad una parziale ricomposizione dei frammenti superstiti.
Fortunatamente si salvò la rappresentazione realistica del Purgatorio; nella parte inferiore si vedono le figure in marmo bianco fra le fiamme di marmo rosso, che guardano imploranti la SS. Vergine, in alto con il Bambino in braccio. Nella ricca balaustra della cappella ricorre lo stesso motivo delle Anime Purganti in un bassorilievo artistico. E’ probabile che l’opera sia stata costruita tutta a spese dell’Arciprete Sassu, dato che sul piedistallo dell’altare (paliotto) è scolpito lo stemma di questo prelato. Il complesso di marmi policromi, doveva essere di singolare effetto prima della distruzione; si ignora il nome dell’artista. La terza ed ultima cappella della navata è dedicata a San Filippo Neri. Venne eretta, a proprie spese, dal Vescovo C.F. Casanova (1741 - 1751), del quale si vede lo stemma scolpito nel marmo: la casa sull’arca con colomba e ramo d’olivo. Il prospetto dell’altare è decoroso.
Quattro grosse colonne a tortiglione, con fine capitello corinzio, sorreggono il fastigio di gusto barocco. In alto si vede una colomba con raggi. Il pavimento è di marmi intarsiati di bella composizione. Il quadro centrale è una pittura ad olio che rappresenta San Filippo Neri secondo l’iconografia tradizionale ed in alto la Vergine. La seconda e terza cappella risultano unite da matronei intercomunicanti, con basse balaustre in legno. Si gira a sinistra per proseguire nel transetto. Un portale con stipiti di pietra immette nei vasti locali della sacrestia. Segue il Mausoleo in marmo di Maurizio di Savoia, Duca di Monteferrato, fratello di Re Carlo Felice, morto in Alghero nel 1799, mentre era Governatore del Capo di Sopra (Logudoro). Il basamento è di marmo grigio, con lunga iscrizione e sostiene tre pezzi in marmo bianco. Al centro una mezza colonna con sopra un’urna cineraria, al lato destro una figura muliebre con tunica, peplo e sandali romani, col braccio destro che poggia sull’urna in atteggiamento mesto. Questa figura doveva rappresentare, nell’animo dell’artista, la Sardegna addolorata per la morte del Principe. L’altra figura, sul lato sinistro, rappresenta un giovinetto nudo, scalzo, con peplo e capelli ricci. Il braccio sinistro del giovane è piegato in atto di riposo mentre la mano destra si appoggia all’alto scudo ovale, sul quale è scolpito lo stemma sabaudo sopra l’aquila. Nell’urna vi è un bassorilievo con una matrona seduta e circondata da quattro putti, uno dei quali attaccato al seno. L’atto di protezione palese della donna fa pensare ad una allegoria della Carità. Il giovinetto non ha più le grandi ali, che si trovano a terra sul lato destro del monumento, in attesa del restauro. L’opera è di Felice Festa, scultore romano (1807), come si può leggere sul bordo dello scudo. Chiude il braccio sinistro del transetto la cappella della SS. Annunziata, opera in marmo dell’artista Giacomo Cotto, del 1747.
Il pavimento di questa cappella è di marmo intarsiato: la piccola balaustra è arricchita di sfere di marmo e si accede in essa attraverso tre gradini. Tutto il complesso dell’altare è ricco di marmi, con due colonne a tortiglione di marmo giallo. Sotto la mensa dell’altare si vede lo stemma di Alghero dell’epoca spagnola ed in alto l’altro stemma del Vescovo Delbecchio: due uccelli affrontati con sopra una stella cometa. Nella nicchia dell’altare, in alto, la statua della SS. Annunziata alla quale è intitolata la cappella. Sollevando lo sguardo al soffitto, si ammira la cupoletta ottagonale della cappella, quasi riduzione in piccolo della cupola della Cattedrale.
La cappella è di pertinenza dei calzolai e sarti. Sotto la nicchia col simulacro dell’Annunziata, è collocato un reliquiario a botticella, in stile barocco e dorato. Vi era custodita una teca di vetro, a forma cubica, rilegata in argento, con il cranio di uno degli Innocenti fatti uccidere da Erode. Questa teca venne donata dal Cardinale Marco Antonio Colonna il vecchio (+ 13 marzo 1597) reduce dall’oriente, dove era stato Legato Apostolico, quale voto per lo scampato naufragio nella baia di Porto Conte.
La cassa lignea poteva essere aperta solo col concorso di due grosse chiavi: una custodita dal Capitolo della Cattedrale, l’altra conservata dal Comune. L’esposizione al popolo della reliquia avviene ogni anno il 28 dicembre, festività dei Santi Innocenti. Nella trabeazione dell’altare, sotto lo stemma del Vescovo Delbecchio, l’eccidio di Erode e ricordato dalla leggenda: INNOCENTES - IN - XSTO - OCCISI - SUNT. Alla processione, del tutto scomparsa, partecipavano tutti i Gremi e le Confraternite religiose. A proposito delle due chiavi possiamo dire che si tratta di una caratteristica usanza che domina, sino al ‘800, la vita interna e liturgica della Cattedrale è ciò denuncia la stretta connessione fra il potere ecclesiastico e quello civile, usanza che solo il soffio innovatore dei moti liberali potrà interrompere al principio del nostro secolo. Basti dire che nel 1575 il Vescovo di Alghero, Antioco Nin, fulminò la scomunica contro i Consiglieri della Città per aver rifiutato di pagare la musica che veniva eseguita durante i Pontificali in Duomo. Non si può chiudere l’illustrazione di questa cappella dell’Annunziata, senza ricordare che il titolo si doveva, circa due secoli prima, al Vescovo Frago (1572), per il Gremio ora ricordato. Non solo, ma detto Vescovo già nel 1568 aggregò la Confraternita algherese all’altra romana dell’Orazione e Morte (gemellaggio). Nella parte alta del muro che chiude il transetto, sovrastante la cappella della SS. Annunziata, vi è una nicchia rettangolare con statua vestita alla romana. Segue l’altare della Addolorata, con nuovo titolo e simulacro della Madonna di Monserrato. Questa statua lignea, riproduzione esatta dell’altra taumaturgica esistente nel celebre monastero della Catalogna, fu donata da poco alla Città di Alghero. L’altare di questa cappella, al centro del paliotto, mostra ad intarsi di marmi colorati, lo stemma della famiglia Sassu. La singolarità e l’interesse per questo stemma sono rappresentati dal panorama evidente dell’antica Alghero, vista dal mare, nella terza partizione del blasone. Dopo questa cappella si vede il portale di accesso all’Archivio Capitolare ed al deposito degli arredi sacri. Proseguendo per una breve scalea di sei gradini, si accede alle cinque cappelle esistenti dietro il coro. La prima ricavata dentro il primo arco ogivale del vecchio edificio, è dedicata alla Madonna delle Nevi.
Molto rovinati sia l’altare sia il grande quadro centrale con Vergine ed Anime Purganti. Nella piccola balaustra vi sono le effigi in bassorilievo, danneggiate, dei Santi Pietro e Paolo, uno per lato. Sia questa cappella che l’altra dirimpettaia dedicata a S. Andrea, vennero costruite nel 1749 da un certo mastro Giacomo Cosso per la somma di Lire 1.000, tolte dalla Cassa del Corallo. Questa Cassa, alimentata da speciali proventi ricavati dalla pesca del corallo, era una specie di fondo per sopperire a pubbliche necessità. Anche la spesa per l’impianto del primo cimitero all’aperto venne attinta da questa "Cassa del Corallo".

La nuova struttura di Santa Maria
Il lato sinistro
L'abside ed il presbiterio
Il lato destro
La sacrestia
Gli arredi sacri e liturgici
Croce professionale astile

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