Monica Caggiari
31 ottobre 2005
“Un silenzio particolare” di Rulli, chiude la Giornata sulla Salute mentale, aprendo le porte alla speranza
La proiezione di “Un silenzio particolare” di Stefano Rulli, ha concluso le due giornate dedicate dall’Associazione “Il Labirinto” alla Salute mentale. Alla fine del film, proiettato venerdì scorso al Cinema Miramare, l’autore Stefano Rulli, padre del protagonista principale dell’opera, ha risposto ad alcune domande della platea e delineato così un quadro preciso sull’esistenza e sofferenza sia dei malati, sia dei famigliari costretti a confrontarsi con la malattia mentale
ALGHERO - “Senti, senti? C’è un silenzio particolare” implora così una pace e calma soffocata nell’animo squassato dalla malattia mentale. A parlare è Matteo Rulli, figlio di Stefano Rulli e Clara Sereni. Un bel ragazzo, l’unico figlio di Clara, il più bello che ha, come bisbiglia in una delle numerose scene emozionanti di “Un silenzio particolare”, film–documentario di Stefano Rulli, vincitore del David di Donatello 2005 come miglior documentario. L’opera è stata presentata venerdì, 28 ottobre, al Cinema Miramare, nell’ambito del Convegno sulla Salute mentale dell’Associazione “Il Labirinto”. Ad introdurre ancora una volta il momento di confronto voluto dall’associazione in occasione della prima giornata dedicata in città alla Salute Mentale, è stata Elisabetta Boglioli, presidente dell’associazione, che insieme a don Lorenzo Piras, presente come referente del Laboratorio di Arte e Creatività della Caritas, ha con forza ribadito la necessità di un’attenzione “vera e coraggiosa” nei confronti dei malati mentali e delle rispettive famiglie. La storia, raccontata con la forza dell’amore e con la tenacia e pazienza di due genitori esemplari, descrive il percorso di Matteo, ora ventiquattrenne, dall’infanzia fino alla scelta di vivere lontano dai genitori. Passando per quello sprazzo di luce e calore umano offerto dall’esperienza della “Città del sole”, un agriturismo nella campagna umbra che accoglie tutti, anche i malati mentali. Matti, nella tenue definizione di Stefano Rulli, come quelli della casa–famiglia “Ciampetto”di Roma, amici di Matteo. Protagonisti con lui di una quotidianità ripresa a basso costo, fatta di amori e moti d’animo a noi “normali tra virgolette” incomprensibili. Ciò nonostante protagonisti, in barba a paure e pregiudizi, di una realtà che non farà audience, ma che assurge, in quest’amorevole tentativo di includere nel film anche la mente impenetrabile dei malati mentali, ad emblema di un coraggio che non deve essere delegato al singolo, ma che deve contagiare la collettività e diventare così operatività istituzionale vera e concreta. La platea, tra sorrisi e commozione, ha partecipato con entusiasmo al dibattito che ha fatto seguito alla proiezione, attraverso la quale è stata riaffermata la pari dignità dei pazienti psichiatrici, malati come altri, ma per troppo tempo nascosti, quasi esiliati, nel grande ghetto che raccoglie le paure e i tabù di una parte della cosiddetta società civile.
Nella foto Stefano Rulli
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