Red
3 aprile 2021
Pasqua meno amara per le imprese dolciarie sarde
Tornano i prodotti tradizionali regionali, ma la regina sarà la Colomba. «Sulle tavole torna a farsi largo la qualità artigiana isolana. Lavoriamo per far crescere il settore ed esportare», dichiarano Antonio Matzutzi e Daniele Serra, rispettivamente, presidente e segretario della Confartigianato imprese Sardegna

CAGLIARI - Seconda Pasqua in lockdown per le imprese artigiane della Sardegna e, ovviamente, anche per i tutti sardi. Ma le aspettative dei maestri artigiani dolciari e alimentari isolani quest’anno, sono migliori rispetto al 2020, quando una regola assurda li teneva chiusi rispetto ai negozi e alla grande distribuzione ai quali è invece era permessa la commercializzazione dei prodotti. «Dall’interesse e dagli ordini che le nostre aziende dolciarie associate hanno registrato in questi giorni di avvicinamento alla Pasqua – commenta il presidente della Confartigianato imprese Sardegna Antonio Matzutzi - torna a farsi largo sulle tavole di queste festività la qualità artigiana sarda, a partire dai dolciumi, passando per tutta l’ampia gamma di prodotti regionali come i salumi, i formaggi, la birra, solo per citare i più ricercati». Secondo l’Ufficio studi della Confartigianato imprese Sardegna, il sistema regionale delle imprese dolciarie registra 774 imprese di pasticceria e gelateria nelle quali lavorano 1.819 addetti, un settore caratterizzato da un'elevata vocazione artigianale, con oltre 542 imprese artigiane, che rappresentano il 70,1percento del comparto,
«Ricordiamo con terrore l’anno scorso, in questo periodo, i quintali di cioccolato a deperire nei depositi, le tonnellate di farina e zucchero inutilizzabili, le migliaia di uova rispedite al mittente, gli ettolitri di latte da smaltire, ma anche le impastatrici ferme, gli ordini annullati e il personale in cassa integrazione – continua Matzutzi – una triste festività senza uova con sorpresa, colombe o specialità di pasticceria artigiana che, in pratica, scomparvero dalle tavole pasquali dei sardi». Quest’anno, invece, sui banchi delle rivendite sono tornati i tipici dolci della tradizione pasquale isolane, come le “Casadinas”, le “Ricottine”, le “Tiricche” (o tiliccas) e le “Pardulas”, ma la protagonista indiscussa sarà la colomba, un classico che conta poco più di cent'anni (nacque nel Milanese nel 1919) e che, è bene ricordare, dal 2005, in base al decreto ministeriale del 25 luglio, ha una sua specifica denominazione. Infatti, “Colomba” non si può applicare ai prodotti di altri Paesi europei. Inoltre, nel dicembre 2009, il Ministero dello Sviluppo economico ha stabilito le indicazioni specifiche sugli ingredienti da riportare sull’etichettatura dei prodotti alimentari e prodotti dolciari da forno. Norme alla mano, i prodotti che utilizzano forme e modalità di presentazione identiche e confondibili con i prodotti disciplinati, ma sono identici solo all'aspetto, sono imitazioni.
Per chiamarsi “colomba”, un dolce deve avere almeno il 16percento di burro, uova di categoria “A”, cioè fresche e in quantità tale da garantire almeno il 4percento in tuorlo, latte, miele, burro di cacao, eccetera. In una colomba “falsa”, invece, si possono trovare ingredienti molto diversi: prevalentemente, si tratta di dolci che contengono ingredienti scadenti, a esempio grassi idrogenati, pochissimo burro e uova e molto zucchero, per “coprire” la qualità inferiore. «Rispetto alla Pasqua del 2019, l'ultima pre-Covid – sottolinea il segretario della Confartigianato imprese Sardegna Daniele Serra - tra i dolci da forno che finiranno sulle mense imbandite tricolori si registra un aumento del “fai da te”, testimoniato dal boom nelle vendite di farina, lievito e preparati dolciari. E anche se molti compereranno i prodotti industriali, rispetto al drammatico 2020, quest'anno sono destinate a impennarsi, come sostengono gli esperti, le vendite di dolci artigianali, sostanzialmente azzerate lo scorso anno dalle restrizioni imposte a pasticcerie, cioccolaterie, gelaterie. Ripartono anche le produzioni artigianali di uova di cioccolato, l'anno scorso ridotte al lumicino». «Siamo consapevoli che questa pandemia influenzerà gli acquisti dei nostri prodotti per sempre – concludono Matzutzi e Serra - Per questo, ci dobbiamo impegnare sin d’ora ad accompagnate i nostri imprenditori nell’uso delle tecnologie digitali e nella multicanalità di distribuzione dei prodotti di qualità. Ma dobbiamo poter contare su interventi ad hoc di irrobustimento delle capacità finanziarie e di sostegno all’export anche nei Paesi emergenti, su misure di valorizzazione delle produzioni tipiche, dei distretti agroalimentari di qualità e delle produzioni a denominazione d’origine».
Nella foto: Daniele Serra e Antonio Matzutzi
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