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24 agosto 2015
E se facessimo un referendum?
La questura annuncia la riapertura dei due locali chiusi sul lungomare. A condizione che si rispettino le regole e le leggi. Ma il caso non è chiuso. Anzi impone una riflessione storica: una città dotata di un grande patrimonio storico, paesaggistico, ambientale come Alghero, a quale modello di turismo deve ambire? La qualità non è un’opinione ma anche una grande risorsa economica. E´ il nodo è sempre lo stesso: il rispetto delle regole
E se facessimo un referendum?

«Era mio dovere intervenire. Non posso abdicare alle mie funzioni»: il questore di Sassari è stato tanto perentorio quanto misurato nel commentare la scelta di chiudere i due locali top delle notti algheresi, in seguito a una violenta rissa. Intervistato sulla pagina cittadina della Nuova Sardegna, quest’estate particolarmente impegnata nella difesa degli imprenditori della movida, Pasquale Errico spiega: «Anche il controllo degli esercizi pubblici rientra nel controllo del territorio, operiamo al servizio dei cittadini… e preveniamo qualsiasi pericolo legato alla sicurezza». Pillole di buon senso, il buon senso delle leggi giuste, confermato ora dalla decisione di far riaprire Maracaibo e Kelu, riducendo di quattro giorni la “punizione” prevista dall’ordinanza. Una riapertura condizionata, visto che la nuova decisione del Questore sarebbe condizionata da una serie di disposizioni da seguire e rispettare. Già perché il problema di questo paese non sono le leggi ma il loro rispetto, il controllo e la punizione di chi non le applica. Ha colpito, anche gli osservatori più disincantati, che le proteste siano venute dalla destra, cioè dalla parte politica culturalmente schierata ideologicamente con le Forze dell’Ordine. Tutto alla rovescia insomma.

Anche perché le risposte alla scelta della deregulation turistica (dalla movida allo sballo), sono già tutte scritte sulla carta delle prime pagine di questa estate. Un filo tragico che percorre la geografia dello sballo da Riccione a Messina, da Rimini al Salento e che vorrebbe mettere radici anche ad Alghero. La morale è presto detta: “Il troppo stroppia” soprattutto se si pretende di fare della deregulation la regola della illegalità permanente. Come dice, proprio su questo giornale, Vito La Spina, proprietario di uno degli alberghi di qualità della città, Las Tronas, non solo per Alghero, ma per tutta la Sardegna, si deve decidere il piano strategico del nostro turismo.

Ma come fare a scegliere? E se facessimo un referendum? Algheresi, volete voi un turismo da sballo tutto movida e birretta, o preferite invece un turismo sostenibile, un turismo per tutti? Preferite il turismo discoteca, dalla Muraglia al Lido, dal Lungomare Dante alla Passeggiata Busquet, da Piazza Santa Croce a Piazzetta Sulis? O invece pensate che per Alghero, cioè per i suoi interessi turistici, per la sua economia globale, per i suoi alberghi, per i suoi ristoranti, sia meglio una economia turistica differenziata nell’offerta capace di mettere a reddito il divertimento giovanile insieme al turismo di alta gamma, altamente redditizio e con ricadute diffuse sull’occupazione, non solo stagionale. La domanda è retorica. Tutti sappiamo che un albergo a 4 o 5 stelle, con i suoi camerieri, i suoi cuochi, i suoi portieri di notte e di giorno è un volano altamente redditizio per l’economia dell’estate con effetti positivi misurabili per tutto l’inverno. Con un ritorno economico, si pensi sollo alle tasse e ai contributi, nemmeno paragonabile con le esigue ricadute per l’economia cittadina di un casotto di legno, trasformato in baretto/discoteca per qualche settimana. Ma la scelta non è solo economica. Ha anche un alto contenuto sociale. Perché una città dotata di un patrimonio immenso di storia, ambiente, natura, paesaggio, nel mercato del turismo internazionale non deve valere quanto i posti più riservati della Costa Azzurra, o almeno essere apprezzata quanto Forte dei Marmi o Cortina? Ecco la vera sfida per Alghero 2016.



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