16 agosto 2015
Il culto della movida sregolata genera mostri
Soprattutto quando si passa sopra al buonsenso e si trascende da regole senza una programmazione. Purtroppo è successo ciò che si paventava: la movida si è evoluta e si è tramutata in sballo. In molti lidi d'Italia. Con un danno per i turisti e gli imprenditori di un turismo globale, che sa offrire ambiente, natura e svago e anche cultura… Alghero non ha bisogno di svendere la propria immagine, la propria cultura e la propria storia per vendere qualche birretta in più…
Purtroppo è successo ciò che si paventava: la movida si è evoluta e si è tramutata in sballo. Usata come una parola magica, presentata come un teorema economico, idolatrata come una ideologia, il culto della movida sregolata genera mostri, come il sonno della ragione. Soprattutto quando si ha la pretesa di nobilitarla come un progetto culturale, spacciando per cultura le più ovvie intenzioni commerciali; più che legittime, se nel rispetto delle leggi e delle regole, ma certamente non di grande prospettiva intellettuale. L’immagine della ragazza nuda dentro una scatola di cartone fotografata ad Alghero quando il sole era già alto, rimanda in maniera inequivoca agli esiti mortali che hanno funestato le movide notturne di questa estate, dalle albe tragiche di Messina alle notti febbrili del Salento agli sballi collettivi di Riccione. Sarebbe ora massimamente ingiusto, canagliesco e poco rispettoso per le vittime, stilare l’elenco dei morti nome per nome per lustrare la propria coscienza progressista, tutti ne abbiamo una, lanciando l’anatema contro le famiglie che non sorvegliano, oppure contro i giovani incapaci di vedere il loro futuro... In realtà è il modello economico che sostiene le imprese del divertimento da rivedere nel profondo.
Perché la prevenzione la si può fare eccome, imponendo il rispetto delle più elementari regole, che già ci sono. Chiudere una discoteca perché ha superato la cifra massima degli avventori diventando una bomba ad alto potenziale non può essere considerato un sopruso. Indagare e impedire i commerci proibiti che accompagnano e inquinano le movide estive, non può essere valutato alla stregua di una violenza autoritaria. Evitare che i baretti di cartapesta, adibiti al servizio balneare di giorno, si trasformino per tutta la notte in teatro per megaconcerti dal vivo, non può passare per un atto di miopia culturale. E così via, gli esempi, da non seguire, certamente non mancano, in molti lidi d'Italia. E si può anche condividere lo sconforto dei rispettivi imprenditori per la chiusura di due locali di Alghero, chiusura cautelativa, determinata dalla rissa di cui sono stati teatro, ma non si può sostenere che così è l’immagine della città che ne esce danneggiata. Ma via: nell’ordinanza del Questore si parla di «frequentazione dei due locali» da parte di «pregiudicati». Un’economia del divertimento che non sa rispettare le leggi, che non è capace di darsi regole condivise, che specula sull’uso privato di beni comuni, dalle spiagge ai marciapiedi, non è forse più dannosa di un flagello biblico, che stagionalmente si abbatte sulla città? Probabilmente, anzi sicuramente hanno detto in molti, non sarà questo il caso specifico e i due locali in questione potrebbero anche essere oggetto di macroscopica svista, ma certamente il provvedimento fa riflettere, eccome.
C’è anche un altro ragionamento da fare. Proviamo. Alghero non vive di sola movida. Al contrario basta vedere i dati degli alberghi, la diffusione dei b&b, gli affitti nelle case, la frequentazione delle spiagge, la frequentazione delle librerie, per capire che Alghero risponde a una domanda di turismo integrato in cui lo sballo/movida è parte minima. Un turismo che dovrebbe avere come primo obbiettivo prendersi cura delle persone, delle esigenze di svago e di riposo, e certamente di divertimento nel senso più pieno della parola. Una volta le chiamavamo «vacanze intelligenti»… C’è un rapporto stretto fra quanto spende il villeggiante e la sua famiglia e quanto consuma di città. Perché mai Alghero non dovrebbe pretendere di servire un turismo di qualità, guadagnando di più con meno uso e spreco della città? Si va diffondendo presso gli imprenditori del turismo di qualità, l’idea che i guasti della movida siano un danno per le altre attività. Una forma subdola di concorrenza sleale che alla fine distrugge anche se stessa. Perché mai un grande albergo di qualità che fa tutto esaurito a luglio e agosto, impiegando decine di persone, facendo lavorare ristoranti, tassisti, negozianti e baristi, dovrebbe lasciar scappare i propri clienti per soddisfare il mercato del baretto che accanto spara musica al di là di ogni decibel consentito sperando di vendere qualche birretta in più? Già, perché!
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