Giovanni Oliva
12 dicembre 2014
L'opinione di Giovanni Oliva
Lontano dagli occhi, lontano dal cuore
L’incredibile recente decisione del Consiglio Comunale di Alghero ha una valenza simbolica terribile; di fatto conferma presso l’opinione pubblica la ragione dei peggiori pregiudizi sui quali si fonda la discriminazione e l’emarginazione sociale di cui soffrono oggi le famiglie di origine rom. In barba a qualsiasi proposito di inclusione e integrazione, di fatto, alle famiglie del campo di Fertilia, con l’alibi ipocrita dell’emergenza, con quest’atto assunto a maggioranza dall’assemblea cittadina, si destina il posto più lontano dal “consorzio civile” che si potesse individuare, uno spazio in una “terra di nessuno”, peraltro già contesa, all’estremo confine del territorio comunale, tanto distante dal centro cittadino da essere più vicino al paese limitrofo Olmedo.
Nell’allontanarle ancor più dal corpo sociale, si scarica così su queste famiglie, molte delle quali, ricordiamolo, sono composte da cittadini italiani e algheresi al cento per cento, tutta la responsabilità della terribile situazione del campo, che sappiamo essere invece conseguente all’assenza troppo lunga da parte delle istituzioni e delle autorità politiche e morali della nostra città, che per anni e anni hanno preferito non vedere, non prendersi cura, non “spendersi” in battaglie difficili e scomode per la raccolta del consenso.
Sono sicuro che molti dei consiglieri che hanno assunto quella decisione non si rendono conto che in questo modo si sottolineano ulteriormente l’emarginazione sociale e la diffidenza. Il segnale è chiaro: “Sono un corpo estraneo della nostra comunità … ne abbiamo raccolto le prove … per questo motivo non possiamo trovare un’altra area provvisoria più accogliente e vicina … non ci resta che sbatterli (magari contro voglia) “a su curru ‘e sa fulca".
Se la situazione, come si dice, è grave e siamo in piena emergenza, se la ragione principale per cui si deve procedere allo sgombero è il diritto alla salute delle persone, bambini e adulti (poco più di cento persone), perché allora queste famiglie non si accolgano, subito e provvisoriamente, in case mobili (come si fa in tutte le situazioni d’emergenza), da sistemare in un’area già urbanizzata e attrezzata, come può essere il parcheggio del Palazzo dei Congressi o il parcheggio al Piazzale della Pace, nell’attesa (che si spera brevissima, non oltre la primavera) di trovare per loro altre sistemazioni abitative? Si andrebbe incontro a minori spese e si otterrebbe senz’altro un miglior risultato e soprattutto si ridurrebbero le sofferenze da fin troppo tempo inflitte a queste persone.
Basta con la politica dei campi! Tanto più: basta con l’emarginazione fisica, urbanistica oltre che sociale.
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