23 novembre 2014
Sardegna senza luoghi del cuore
Nella classifica del Fai, Fondo Ambiente Italiano, che celebra dieci anni del progetto di valorizzazione della cultura e dell’ambiente siamo all’ultimo posto. Un sintomo che rivela una malattia profonda, che certifica cioè il disinteresse dei sardi per la salvaguardia del proprio territorio ambientale, artistico e paesaggistico e in ultima analisi per la propria identità culturale.
Quanto sono sbiaditi i colori della Sardegna nelle mappe culturali del Fai che censiscono «i luoghi del cuore» degli Italiani. Siamo gli ultimi quasi in tutto. Senza quasi. Sbiaditi sono i colori che indicano la «densità dei luoghi», che segnalano la «percezione» del patrimonio paesaggistico e artistico, in fondo alla lista delle segnalazioni. Come se i sardi improvvisamente avessero smesso di guardare i paesaggi, di visitare i luoghi storici, di preoccuparsi della salvaguardia e della conservazione del patrimonio culturale, storico e paesaggistico. Spieghiamo meglio: il Fai sta per Fondo Ambiente Italiano, fondazione senza fini di lucro, fondata da Giulia Maria Crespi nel 1975 su un’idea di Elena Croce, la figlia del più celebre filosofo italiano, con lo scopo di tutelare, salvaguardare e valorizzare il patrimonio artistico e naturale.
Attenzione però: il Fai per sua vocazione riceve e amministra beni in donazione o in gestione. Per il Fai la difesa dei beni culturali non è solo un impegno ideale ma anche una concreta missione quotidiana. Nella quale sono impegnati tutti i suoi iscritti. Fulcro di questo grande processo di sensibilizzazione nazionale è l’iniziativa di censire «i luoghi del cuore» cioè i luoghi che i cittadini ritengono siano «luoghi da non dimenticare» e quindi da proteggere e da salvare. La classifica dei «luoghi del cuore» censiti dal Fai infatti è il frutto di una scelta collettiva che si esprime attraverso una vera e propria votazione. Siamo disperatamente ultimi sia per il numero di voti che di luoghi scelti e segnalati. Chiese e Castelli, musei e territori interi, sono decine e decine i «luoghi» in Lombardia e Piemonte, ma anche in Campania in Puglia e in Sicilia, mentre in Sardegna raggiungono la sufficienza solo due segnalazioni. Diciamo una, Villa Sanna e il Parco di Monserrato, perché al secondo posto troviamo la riserva felina di Su Pallosu a San Vero di Milis.
Possibile che per i sardi siano solo questi due i beni da proteggere e salvaguardare? No. Non è possibile. «La lettura e l’interpretazione dei «Luoghi del cuore» può aiutarci proprio in questo: passare dalla espressione dell’Io a quella del Noi» ha scritto Andrea Carandini, il presidente del Fai, nell’introduzione al libro che pubblica l’intero censimento: «La partecipazione deve essere letta come una riconquista del nostro patrimonio comune… È necessario riconquistare le nostre regioni e non solo … la nostra patria intera». A leggere i colori delle esaustive cartine dell’Italia colorate dai volontari del Fai, la Sardegna figura appunto sbiadita, distratta, priva di opinione pubblica e di identità culturale. Se è vero che la Sardegna è una nazione senza stato, dove si parla la seconda lingua dell’Italia, il sardo, su che cosa si basa oggi il suo sentimento identitario? Il sintomo è grave quanto la malattia. I toni sbiaditi delle mappe del Fai che colorano la Sardegna constatano che abbiamo rinunciato a ogni identità culturale, che nella classifica delle priorità i beni ambientali, artistici e paesaggistici di cui tutta l’isola è ricca vengono ormai percepiti come «cose di nessuno», in latino «res nullius», di cui la collettività non percepisce il valore e perciò destinate a un inarrestabile degrado. Si tratta infatti di beni collettivi destinati a essere perduti perché non ne percepiamo il possesso.
Una delle caratteristiche del Fai, sul modello del «National Trust» inglese, è quello di considerare la cultura come un sistema economico autosufficiente. Non pensa che, siccome con la cultura non si mangia, spetti solo allo Stato occuparsene. Al contrario: non si preoccupa solo della conservazione ma anche della valorizzazione di musei e paesaggi, centri storici e beni ambientali, spiagge e montagne. La Sardegna allora dovrebbe essere al primo posto nella valorizzazione del sue risorese e della sua cultura, motore di una economia virtuosa perché ogni valorizzazione comporta anche la conservazione. Perciò crediamo che ogni movimento identitario di oggi debba fondarsi non solo sulla storia ma anche sulla geografia. Geografia della cultura, del territorio. Geografia della gente.
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