29 maggio 2014
La fortuna di essere Renato…
I 182mila voti di preferenza che hanno portato l’ex governatore nel parlamento di Strasburgo avranno un riflesso tellurico sulla politica del Pd in Sardegna. Il risultato va letto insieme alla vittoria di Sanna a Sassari e la sconfitta di Daga ad Alghero… Mentre il Pd nazionale ha sfondato il tetto delle percentuali ma anche aumentato i suoi voti in assoluto, in Sardegna invece rispetto alle politiche del 2013 ha perso 14.192 sulla Camera e 15.320 sul Senato. Un conto che non torna per la segreteria politica di Silvio Lai… Mentre si annunciano le primarie aperte per la scelta del nuovo segretario regionale. Con il signor Tiscali già dato per candidato. Vincente. Vediamo…
Affilato come un rasoio filosofico, impalpabile come un fluido venefico, insidioso come un un sottile ragionamento si era diffuso fra gli «opinions maker» della sinistra sarda, l’idea che la candidatura di Renato Soru si sarebbe rivelata alla prova delle urne un insormontabile azzardo politico. Destinato al fallimento. E giù geremiadi di autocommiserazione sardista per il sopruso elettorale che non consente alla Sardegna di avere i propri rappresentanti colpa di una matrigna legge elettorale. Risultato: adesso ne abbiamo conquistato ben tre. Uno di destra, Salvatore Cicu, poi un’ondivaga grillina, Giulia Moi, e per il centrosinistra Renato Soru. Se volessimo farne una questione nazionale sarda dovremmo festeggiare per il risultato… Questo invece ci sembra il momento di parlare di politica. E i 182mila voti di Soru sono un caso politico, perché sono una risposta politica dell’elettorato di centrosinistra che va al di là delle strategie personali di Soru, dei suoi problemi aziendali, che chiude un occhio sulle sue disavventure fiscali, e ne premia la storia, il lascito.
Nelle 182 schede di preferenza c’è anche implicito un giudizio che riscatta l’esperienza politica della Giunta Soru e condanna politicamente i risultato del quinquennio di Ugo Cappellacci. Ma non si tratta di un voto rivolto al passato: quei 182mila elettori votando Soru hanno anche chiesto a Francesco Pigliaru di riprendere le fila di un discorso interrotto, non solo nello spirito e nelle idealità, ma anche nella applicazione concreta delle cose da fare e delle idee da trasformare in risultati. Il risultato di Soru infatti va letto insieme ad altri risultati che pur diversi per schieramento politico all’interno del Pd vanno invece interpretati nello stesso verso: come la vittoria al primo turno con percentuali travolgenti di Nicola Sanna a Sassari, l’anticandidato delle primarie vinte per una manciata di voti contro la candidata della maggioranza politica del partito; come il risultato di Mario Bruno ad Alghero, consigliere regionale uscente, già vicepresidente del consiglio regionale e capogruppo del Pd, che va al ballottaggio contro il centro destra lasciando al simbolo del suo partito affidato a Enrico Daga il terzo posto in concorrenza con il candidato di Beppe Grillo; e infine come a San Gavino con il rappresentante forte del Pd, Carlo Tomasi costretto a imporsi con una lista civica perché il partito gli aveva preferito Sandro Atzori.
Ad Alghero il Pd aveva rinunciato alle primarie, che l’elettorato però ha fatto nelle urne. Peccato: ad Alghero il Pd avrebbe potuto vincere addirittura al primo turno riparando così al disastro Lubrano, finito con il commissariamento del municipio, candidato con la più larga alleanza a sinistra che si sia potuta realizzare ad Alghero. Candidandosi Bruno ha riconosciuto il precedente errore. Il successo democratico in tutta Italia, il partito più votato in Europa, impone ora al vertice del partito sardo che la vittoria di Bruno sia una vittoria del Pd. Senza se e senza ma schierandosi al suo fianco. Facendo un po’ di conti infatti, fra percentuali di voto e voti assoluti, il 38 per cento del Pd in Sardegna, che finora è sembrato un miracolo, in realtà è solo mezzo… Mentre il Pd nazionale ha sfondato il tetto delle percentuali ma anche aumentato i suoi voti in assoluto, in Sardegna rispetto alle politiche del 2013 ha perso 14.192 voti se si contano quelli della Camera e 15.320 se si fa il paragone col Senato. Sono numeri che, finito l’entusiasmo, già pesano in via del Nazareno, sede nazionale del Pd. E soprattutto appare una macchia indelebile se l’occhio cade sul risultato di Alghero dove il Pd alle comunali ottiene un misero 13 per cento, mentre alle europee sfonda il 34 per cento.
Un voto politicamente astigmatico che si spiega appunto considerando Bruno il vero candidato del Pd. In questi numeri c’è una verità politica che si paleserà in tutta la sua novità fra appena un mese, quando il Pd farà le primarie per scegliere il nuovo segretario. Primarie aperte, come d’obbligo nel Pd di Renzi. E sarà difficile per l’attuale segretario, Silvio Lai, ritrovare la trama giusta per tessere di nuovo la tela del potere democratico regionale. Incombe infatti la scelta di Soru che potrebbe essere tentato di ottenere quella consacrazione politica che gli era sempre sfuggita, imponendosi come segretario carismatico di tutto il partito, un ruolo che gli è sempre stato un po’ largo ma che adesso gli sta anche stretto. Non sappiamo se il padrone di Tiscali si consideri Laista o Faddiano o Cabrasiano, ma è molto probabile che per rappresentare il nuovo corso Renziano sia lui, nonostante il passato Lettiano, il candidato favorito. E possibile così che questa analisi troverà una sua plastica rappresentazione nella partecipazione alla campagna elettorale di Mario Bruno con la partecipazione dei massimi ranghi del partito. Non è escluso ancora che scenda ad Alghero lo stesso Renzi. Ma per la chiusura è ovvio che vedremo salire ad Alghero i big regionali. Tutti per Bruno naturalmente!
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