12 maggio 2014
I candidati ci dicano quanto guadagnano
Capita che non solo Claudia Lombardo ma tutti i titolari dei 317 vitalizi della politica regionale, fra cui spiccano nomi ancora cruciali nelle gerarchie del potere politico (da Antonello Soro ad Antonello Cabras per fare due esempi di prima fascia), si trovino mescolati sia con l’arresto di Marcello Dell’Utri prima e la cattura di Claudio Scajola, quanto con lo scandalo della cupola d’affari che si preparava a gestire l´Expo di Milano. Non è giusto! Ma è la conseguenza di un indebolimento etico dell’opinione pubblica. Anche in Sardegna. Avanziamo perciò una modesta proposta...
Nella sfortuna c’è un fondo di giustizia, forse! Lo scandalo dei vitalizi sardi, cominciato con la denuncia della super-pensione di Claudia Lombardo (nella foto), già presidente del consiglio regionale della Sardegna, ha tracimato i confini dell’Isola attratta dai due grandi scandali nazionali che hanno monopolizzato le prime pagine dei giornali. E così capita che non solo Claudia Lombardo ma tutti i titolari dei 317 vitalizi della politica regionale, fra cui spiccano nomi ancora cruciali nelle gerarchie del potere politico (da Antonello Soro, presidente dell’autorità per le Telecomunicazioni ad Antonello Cabras presidente del Banco di Sardegna, per fare due esempi di prima fascia), si trovino mescolati sia con l’arresto di Marcello Dell’Utri prima e la cattura di Claudio Scajola, quanto con lo scandalo della cupola d’affari che ha finora gestito il flusso di denaro diretto su Milano per realizzare la grande Expo del prossimo anno.
Che disastro. Perché è ovvio e persino doveroso distinguere fra Marcello Dell’Utri o Claudio Scajola e Claudia Lombardo piuttosto che Soro e Cabras... Anzi, a guadagnarci in questa confusione sono proprio sia i due campioni delle collusioni mafiose uno già giudicato e l’altro ancora presunto perché da giudicare, come i protagonisti della nuova tangentopoli milanese. Detto per inciso: possibile che dopo vent’anni persino i corrotti siano sempre gli stessi? Ed ecco uno dei punti dolenti: nella teoria dei vitalizi si vede come la politica sarda abbia rappresentato un giacimento di benessere economico e quindi anche sociale vita natural durante, trasmissibile poi per via ereditaria… Vale la pena ripetere e rimarcare le differenze non solo etiche e morali ma anche politiche... Ma in realtà sia che si tratti di un ministro arrestato per collusioni mafiose del fondatore di un partito che ha governato per quasi 20 anni condannato, quelle stesse collusioni finiscono per determinare un sentimento diffuso di demoralizzazione sociale che il caso dei vitalizi sardi conferma e rafforza...
Soprattutto quando è ancora in corso l’indagine sulla «rimborsopoli» dei consiglieri regionali che ha svelato una pratica di malversazione politica diffusa e sfrontata, anche in Sardegna. Perché per una regione che della sua autonomia ha storicamente fato bandiera identitaria, è ancora più grave vedere quella autonomia diventare funzionale alla malversazione personale. E sebbene sia vero che adesso i vitalizi sono stati eliminati, che il consiglio regionale ha ridotto drasticamente il numero degli eletti, rimane al fondo il disinganno verso la politica intera vissuta ormai come un territorio di conquista della parte più moralmente spregiudicata della società di cui tutti facciamo parte. È come se tutti avessimo perso gli antidoti morali su cui si fonda il potere dell’opinione pubblica. La vicenda di Berlusconi e del berlusconismo, soprattutto in questa sua fase terminale, sono il sintomo della difficoltà di trovare una via di uscita eticamente praticabile e moralmente garantita...
Eppure sarebbe così semplice. Soprattutto a livello comunale: si vota a Sassari e ad Alghero, ad Assemini e Guasila, Bosa e Castelsardo, in tutto 19 comuni dell’isola: basterebbe che i candidati mettessero in rete i loro redditi adesso che chiedono di essere eletti e poi lasciando che l’opinione pubblica possa seguire in tutta trasparenza l’evoluzione del loro status sociale. Via, non si chiede a tutti di prendere a esempio il presidente dell’Uruguay, José Pepe Mujica, che vive come il proprio elettorato più povero. La grande crisi italiana non è solo economica e sociale ma coinvolge la funzione stessa della opinione pubblica, fondamento di ogni moderna democrazia: come se una grande amnesia etica ci impedisse di distinguere e valutare che cosa fare e che cosa sopportare... E non è bello andare a votare il prossimo 25 maggio con questo groppo nell’anima.
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