14 aprile 2014
Alghero, bella senza anima
Ma in che cinema siamo finiti? Quando mancano una manciata di giorni dalla presentazione delle liste e poco più di un mese al voto, la classe dirigente di Alghero si sta rivelando inadeguata al compito di trovare una soluzione politica che consenta ai cittadini il modello di amministrazione della cosa pubblica che preferiscono. Abbiamo un depuratore nuovo che però inquina più del vecchio, il paesaggio urbano uccide i cittadini ignari, l’economia turistica fondata sulla birretta discaccia il turismo di qualità. Non possiamo essere ottimisti. Eppure una cosa alla politica la dobbiamo chiedere: che sappia trovare un percorso condiviso per consentire ad Alghero di ritrovare la sua anima perduta
Risuona nelle parole che raccontano la cronaca della campagna elettorale per scegliere il nuovo sindaco di Alghero un tono fra il racconto «noir», il romanzo «giallo» e il film «western». Così si susseguono «agguati», si perpetrano «vendette», si apparecchiano «duelli», si preparano «trappole»…Ma in che cinema siamo finiti? Quando mancano una manciata di giorni dalla presentazione delle liste e poco più di un mese al voto, la classe dirigente di Alghero si sta rivelando inadeguata al compito di trovare una soluzione politica che consenta ai cittadini il modello di amministrazione della cosa pubblica che preferiscono. In tutta Italia, la legge che governa l’elezione del sindaco, ha prodotto una nuova classe politica di amministratori capace di rappresentare un modello nazionale.
Da Cacciari a Venezia ad Albertini a Milano, da Rutelli e Veltroni a Roma a Orlando a Palermo, e da ultimo anche Pizzarotti, sindaco «grillino» di Parma, sembra l’unico politico dei Cinquestelle in grado di tradurre in azione politica la propaganda antipolitica di Beppe Grillo. E senza voler dare un giudizio di valore politico, anche ad Alghero la legge dei sindaci aveva in trodotto una potente dinamica di discontinuità con l’elezione di Carlo Sechi. Al di là delle appartenenze e delle opinioni libere e legittime di ciascuno, l’esperienza che Alghero si lascia dietro le spalle, dopo dieci anni dominati da Forza Italia e il maldestro tentativo del centrosinistra sconfitto da se stesso, figura come un buco nero della politica municipale. L’agenda dei grandi problemi si è via via aggrovigliata con i piccoli interessi. Con effetti paradossali: abbiamo un depuratore nuovo che però inquina più del vecchio, il paesaggio urbano uccide i cittadini ignari, l’economia turistica fondata sulla birretta discaccia il turismo di qualità, quello culturale e ambientale soprattutto, a favore di una cultura lumpengiovanilistica ad alto degrado sociale.
Nessuno che si preoccupi davvero, che so di Surigheddu o di Mamuntanas per indicare, per indicare due realtà economiche che darebbero un grande sollievo alla economia della città. Per non parlare del porto, una risorsa enorme per qualsiasi borgo marinaro del Mediterraneo che ad Alghero è stato trasformato in un insolubile nodo di problematiche varie. Ma pensiamo pure all’abbandono di Fertilia e allo stato di oggettivo degrado progettuale in cui si trovano tutte le aree del Parco di Porto Conte. E invece ci si arrabatta per far quadrare al ribasso i conti di una politica che non riesce più a rappresentare nemmeno i propri interessi. La scarsa rilevanza della «questione morale» nella politica municipale, è piuttosto il sintomo di una malattia più profonda che va al di là di qualche avviso di garanzia. Se la «rimborsopoli» regionale lascia i suoi pesanti strascichi giudiziari, in realtà è più grave ancora l’intreccio di interessi che lega alla politica permessi e concessioni, nomine e finanziamenti, su su fino al grande mistero del Puc, il nostro Sacro Graal, sempre desiderato ma mai realizzato.
Di fronte a una agenda così fitta di disastri, la classe politica, che ad Alghero ha finito per identificarsi con la classe dirigente, sembra posseduta da una forza autodistruttiva che accomuna destra e sinistra. E anche il centro. Da una parte si ragiona per massimi sistemi, dall’altra si dimentica che compito primo di un sindaco è l’amministrazione della città, il rispetto della sua storia, della vita sociale culturale dei suoi cittadini, cioè di tutte quelle cose che siamo soliti rappresentare con la metafora dell’anima. I latini antichi parlavano di «genius loci» come se ci fossero delle piccole divinità preposte a salvaguardare il carattere di un luogo, le sue peculiarità umane, il suo spirito collettivo. Non possiamo essere ottimisti. Eppure una cosa alla politica la dobbiamo chiedere: che sappia trovare un percorso condiviso per consentire ad Alghero di ritrovare la sua anima perduta.
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