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A.B. 21 marzo 2014
Progetto 21 Oktoobar: c’è anche un’algherese
Tra i cinque giovani aspiranti giornalisti che hanno scelto di realizzare un webdocumentario a partire dai fatti del 20 marzo 1994, quando a Mogadiscio, un commando somalo ha ucciso l’inviata del Tg3 Alpi e l’operatore Hrovatin, c’è anche l’algherese Federica Delogu
Progetto 21 Oktoobar: c’è anche un’algherese

ALGHERO - Cinque giovani aspiranti giornalisti (Federica Delogu, Francesco Loddo, Filippo Poltronieri, Claudia Torrisi e Sebastian Viskanic) hanno scelto di realizzare un web-documentario a partire dai fatti del 20 marzo 1994, quando a Mogadiscio, un commando somalo ha ucciso l’inviata del “Tg3” Ilaria Alpi e l’operatore Miran Hrovatin. I due giornalisti si trovavano in Somalia per documentare e raccontare la guerra civile che stava devastando il paese. Da quel tragico momento viene aperta un’inchiesta, seguita da contro-inchieste, tesi ed ipotesi differenti tra loro. In vent’anni si sono accavallate verità diverse, menzogne ed insabbiamenti.

Tra i cinque ex studenti della scuola di giornalismo della “Fondazione Elio Basso” di Roma, c’è anche una ragazza algherese con la passione per il giornalismo: Federica Delogu. Il titolo del progetto è “21 Oktoobar”, il nome di una delle navi della compagnia “Shifco” sulle quali Alpi stava indagando. Il 21 ottobre è anche la data di inizio della dittatura di Siad Barre in Somalia. Si tratta di un webdocumentario (un documentario interattivo pensato per il web), un prodotto la cui peculiarità è la multimedialità. Un web-doc è basato sull’interazione tra diverse forme di comunicazione: audio, video, testo, foto, infografiche, animazioni e tecnologie web.

Gli aspiranti giornalisti hanno ultimato la prima parte del documentario, dedicata in maniera specifica all’omicidio, alle cause ed alla dinamica. Ma hanno raccolto ancora tanto materiale: documenti sulle indagini sul traffico dei rifiuti, al ruolo dei servizi, alla mala cooperazione, le inchieste già fatte e i punti mai chiariti. Per realizzare il progetto, si sono finora avvalsi dell’aiuto della Fondazione Elio Basso, che ha fornito l’attrezzatura, contribuito alla raccolta di gran parte del materiale senza sostenere particolari costi. Ora, i cinque ragazzi stanno raccogliendo dei fondi per poter proseguire nel loro lavoro attraverso il sito internet del “Kapipal”.



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