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Luigi Coppola 10 novembre 2005
A Sassari Legalità e Questione Morale secondo Veltri
Un affollato auditorio presso la sala convegni dell’hotel Deledda, ha seguito la presentazione de “Il topino intrappolato”, ultimo libro del medico calabrese, cofondatore del movimento politico “Italia dei valori”. Al dibattito moderato da Guido Melis hanno partecipato Ivana Dettori e Caterina Pes
A Sassari Legalità e Questione Morale secondo Veltri

SASSARI - Si riempiono le sale, scrosciano spontanei gli applausi, torna la gente affamata di notizie, verità, desiderosa di un cambio di rotta nella società italiana. Cronaca di un film già visto che si ripete in discorsi, riunioni che registrano sicuramente un dato importante nella consapevolezza. Succede a Sassari, hotel Grazia Deledda, mercoledì 9 novembre. “Legalità, Questione Morale e centro sinistra” il sottotitolo de “Il topino intrappolato”, ultima fatica letteraria d’Elio Veltri, edita da Editori Riuniti, va da se, è già un caso editoriale. Il libro è politico. Qualsiasi tempo di pubblicazione si presterebbe a conclusioni semplicistiche. Si è già auto censurato in due occasioni, ricorda l’autore che ne ha sospeso la diffusione alla vigilia d’importanti eventi elettorali. Alla terza posta dall’editore, ha personalmente rotto gli indugi imponendone l’uscita. Per il contenuto, non nasconde l’impegno e la fatica che ha superato tutti gli altri suoi libri. Introduce le assise Guido Melis che illustra i tratti salienti del saggio di Veltri, coautore nel 2001 con Travaglio del famoso “L’odore dei soldi”. Trecento pagine, delle quali l’ultima dozzina raccoglie un enciclopedico indice dei nomi. Una bibliografia dettagliata da una fonte normativa d’atti, vicende e documenti, arricchite da appendici, serbatoi d’informazioni non trovate in televisione (citata dallo scrittore come “un gran balletto”) o nei principali canali mediatici. Una prolusione epistolare formata da due missive personali che Veltri pubblicamente indirizza a Paolo Sylos Labini (reputato padre della dottrina economica nazionale, erede di Salvemini) e Romano Prodi. Un memorandum strategico e scrupoloso che attende il prossimo esecutivo (la ventilata centrosinistra non esalta ne induce facili ipotesi di governabilità) sulle grandi questioni che attanagliano il Paese nel dramma sociale, sin dai primi anni ’90. La macchina della Giustizia, i partiti ed il loro funzionamento, i grandi media e le televisioni, la grande e piccola illegalità: le mafie, il loro dominio su intere regioni, la commistione fra politica ed economia. Un salto indietro nella storia, fa quasi sorridere, l’aneddoto di Melis. Ricorda Attilio Brunialti, eccellenza d’acume politico nel gabinetto di Giolitti, suo grande estimatore ma proprio da questi esautorato da ogni incarico governativo, causa un paventato interesse privato (un appartamento in regalo), nell’assegnazione degli appalti per la costruzione del Palazzaccio romano (sede del dicastero di giustizia). Ivana Dettori e Caterina Pes (Progetto Sardegna) nei loro rispettivi interventi hanno cavalcato l’idea di legalità e trasparenza, ricercate in tutte le sedi e le azioni politico istituzionali. Priorità non in cima all’agenda politica nazionale, considerato il contraddittorio che anima più anime del centrosinistra. Dai DS dove più che mai è sentito l’argomento che ha toccato propri principali esponenti (Bassolino in Campania) alla Margherita contrapposta in Sicilia per le primarie dei candidati a sfidare l’attuale governatore. Il quale non avverte la sensibilità d´astenersi dal “riprovarci”, nonostante iscrizioni in pesanti ipotesi di reato a suo carico, sino ai cugini Uduerrini, generosi ponticelli per accogliere tutti gli esuli “pentiti” ex polo, pronti a riciclarsi in “Unione” con coloro che sino a pochi giorni fa aberravano ribaltoni o trasformismi. “Il topino intrappolato” deriva da una geniale metafora di Mino Martinazzoli, ricorda Veltri. Non lamenta la trappola, ma la scarsa qualità del formaggio. Chi è oggi il topino? Lo possono stabilire i lettori. Le proposte per uscire o entrare (nella legalità, in una cultura diversa) ci sono. Se un milione e ottocentomila connazionali sono affiliati alle mafie e queste erodono circa il 45% del reddito nazionale, il “Cantiere per il bene comune” (a Roma è nata con questo nome un’associazione diretta insieme a Veltri, da Occhetto, Sylos Labini, Novelli e altri “poco noti”) è ancora neo natale.

Nella foto Elio Veltri



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