23 gennaio 2014
Pigliaru: la forza del carisma debole
Domanda: qual è il carisma di Cappellacci? Cinque anni fa, contro Soru, se lo fece prestare da Berlusconi. Sarà difficile ripetere la magia: la strada del centrodestra che porta al 16 febbraio si sta rivelando accidentata, anzi dissestata… Claudia Lombardo, presidente del consiglio di Forza Italia, non vota Cappellacci. l’Europa affonda la sua Flotta Sarda, l’Italia impugna il suo Pps, gli agricoltori scopronio che i fondi comunitari per l’agricoltura fatti sembrare di più arrivati nelle loro tasche sono molti meno… A questo punto sorge una domanda: cosa sta facendo per vincere il candidato del centrosinistra?
Dice un filosofo, fra i più ostici e intelligenti, che la parola doxa, usata oggi per indicare l’opinione pubblica, in greco antico significa «gloria». Cioè fama. Popolarità. Notorietà diffusa… Forse è questa la sfida più insidiosa su cui Francesco Pigliaru, che sa fare ironia sulla sua freddezza, cercando di trasformare la sua immagine timida e professorale in un carisma speciale, dovrà combattere per vincere la sua battaglia elettorale. Diventare famoso, noto riconoscibile: per quello che è, per quello che dice e per quello che fa. Per trovare quel carisma senza il quale è difficile, anzi impossibile, nella società della comunicazione di massa, riuscire a trasmutare in democrazia dei numeri la democrazia delle idee. Perché le idee sembrano esserci nei discorsi di Pigliaru! Hanno però bisogno di espandersi, di trovare le giuste formule per affermarsi, per diventare idee condivise. Per i populismi democratici o autoritari il gioco è facile facile. Il senso comune collettivo diventa un buon senso tutto ideologico e perciò malleabile a colpi di slogan tanto efficaci quanto più approssimativi e ambigui, se non bugiardi e falsi.
Nelle società regolate dalle democrazie dei numeri infatti, non basta l’applauso e nemmeno il consenso o l’acclamazione collettiva, perché serve un atto soggettivo, segreto e personale che deve sommarsi a quello di tutti gli altri per diventare maggioranza. È la forza del voto!
Viene da chiedersi: ma quale è il carisma su cui Cappellacci pensa di fare leva per ottenere la rielezione confermando la destra al governo della Sardegna? Forse non ce l’ha. E infatti cinque anni fa fu Silvio Berlusconi, sbarcato in grande stile sull’isola, a prestargli il suo. La storia potrebbe ripetersi. Ma non è detto che funzioni di nuovo. Berlusconi potrebbe correre il rischio di vedersela piuttosto che con Francesco Pigliaru e compagnia della sinistra, anche con Antonello Zappadu, il fotografo che ha immortalato molti dei suoi sbarchi in Costa Smeralda, trasmigrato dalle liste di Grillo, assente ingiustificato, al seguito di Michela Murgia. Anche perché la strada di Cappellacci verso la sfida elettorale del 16 febbraio si va facendo sempre più accidentata e dissestata: l’Europa che affonda la Flotta Sarda, l’Italia che impugna il Pps, il bluff dei fondi comunitari per l’agricoltura fatti sembrare di più ma che a contarli nelle tasche degli agricoltori sono di meno…
La reazione scomposta contro l’armatore Vincenzo Onorato con l’accusa che avrebbe già finanziato la campagna elettorale di un candidato alla presidenza rivela una debolezza che forse i sondaggi più segreti hanno già evidenziato. Il consenso a Unidos di Mauro Pili potrebbe essere più dannoso per Forza Italia di quanto non lo siano per il Pd i voti di Michela Murgia. Più che un sintomo del disagio che attraversa il centrodestra, l’intervista su «Sardinia Post» di Claudia Lombardo, dove la presidente del consiglio regionale uscente nega al suo presidente voto e consenso, oltre che stima e rispetto, pur continuando a militare per Forza Italia dalla parte di Berlsuconi, è il segno della gravità di un male politico difficilmente curabile. Ma Pigliaru sta vincendo? Ancora nessun sondaggio ha evidenziato la forza di Pigliaru. Al quale, per risalire lo svantaggio accumulato da Renato Soru, che da Cappellacci fu sconfitto con una chiara vittoria matematica, serve una dose supplementare di forza elettorale. Misurata in voti. Per uscire fuori dai sofistici ragionamenti della politologia, solo Pigliaru può ora perdere. Ma per vincere non basta solo la sua figura di candidato autorevole e misurato, austero e rispettoso delle regole politiche e soprattutto di quelle etiche. Serve un consenso di opinione che gli consenta di ridurre il deficit elettorale del Partito democratico sardo. Capita allora che queste regionali sarde si stiano per trasformare nel primo vero banco di prova della segreteria di Matteo Renzi.
Se infatti il nuovo segretario riuscirà a far diventare il Pd un partito capace di imporre le sue scelte, di dettare per primo l’agenda politica nelle prossime settimane, ecco allora che il riverbero del successo ritrovato potrebbe riportare al voto democratico delusi e perplessi di prima, scontenti e insoddisfatti del passato prossimo: per vincere in Sardegna Pigliaru ha bisogno che Renzi vinca in Italia. Prima di tutto nella guerra dentro il Partito democratico. C’è al fondo una questione di stile politico. Un Pd che decide e sceglie d'imporre la sua forza di governo, prima di tutto a se stesso e ai suoi alleati e poi anche al campo avverso per votare la nuova legge elettorale, potrebbe diventare il punto su cui far leva per dare forza a un carisma debole. Debolezza certamente virtuosa, quando è fatta di proposte ragionate, di opinioni articolate, di idee complesse che hanno bisogno di essere assorbite dalla maggioranza della platea elettorale. Nella democrazia aritmetica il voto clientelare vale quanto quello ideologico e quello di opinione. Con una complicazione: che i voti di opinione sono più difficili da ottenere perché presuppongono consenso ragionato e partecipazione ideale. Riuscirà il carisma debole di Pigliaru a ridare il primato all’opinione degli elettori sardi invece che alle scelte familistiche o clientelari? Ecco una domanda che presuppone una risposta immediata. Da Pigliaru, naturalmente! Una risposta sicuramente di poche parole. Basteranno: A condizione che contengano molte idee!
|