Sara Alivesi
24 febbraio 2014
Ricciai contro i centri spedizione «Dateci Mercato Primo Pescato»
Normative comunitarie lontane dalla realtà e controlli sempre più severi: il disagio di una categoria storica ad Alghero che chiede attenzione dalle istituzioni e la richiesta di una struttura per svolgere autonomamente la certificazione demandata attualmente ai centri
ALGHERO – E’ tempo di crisi anche per i ricciai algheresi. Nessuna protesta plateale come quella che i colleghi cagliaritani hanno organizzato nelle scorse settimane fermando una nave nel porto, ma il malcontento della categoria è diffuso da tempo anche in Riviera del Corallo. La causa per entrambi è da cercare nelle normative e nei controlli sempre più severi, ma per i pescatori del sud dell’Isola ci sarebbe un problema in più, e non di poco conto: i ricci scarseggiano nei fondali. Tant’è che chi è provvisto di licenza nel capoluogo – sono circa 80 – si sposta sempre di più verso l’Ogliastra, scatenando "una guerra fratricida" che rischia di estendersi ben oltre, fino alle coste del nord–ovest, tra Alghero e Stintino per intenderci, dove gli echinodermi (giurano gli esperti) si trovano ancora in abbondanza (anche se è vietata la pesca nell’Area Marina Protetta, ad eccezione di 20 giorni e senza l'utilizzo delle bombole).
Ma le cose non vanno poi cosi bene nemmeno da queste parti. Se i pescatori riescono a tollerare l’incognita del meteo e le giornate lavorative perse a causa del maltempo, non si può dire lo stesso per la galassia di normative e procedure sul settore. «Siamo offesi da chi ritiene di poter tornare all’epoca del prelievo indiscriminato o da operatori economici che pensano di guadagnare dal nostro lavoro, siamo messi all’angolo e costretti a subire persino le umiliazioni – afferma Leonardo Mura, pescatore professionale subacqueo - Non basta che ci alziamo alle 6 del mattino, con temperature che spesso sono vicine allo zero, ed entriamo in mare con la muta quando la maggior parte delle persone prende il primo caffè della mattina, e che dopo tre ore di immersione rientriamo con una media di tre “lavagne” (nome algherese delle ceste, ndr) di ricci, dobbiamo poi portare il pescato presso un centro di confezionamento (il termine tecnico è Centro di Spedizione, ndr), che verifica il nostro pescato e che appone un bollino sulle confezioni una volta sigillate, pagando una “tassa” esagerata».
La prima critica della categoria è alla direttiva comunitaria che prevede l’assimilazione, in fase di depurazione, dei ricci ai molluschi bivalvi (cozze e vongole), con l'obbligatorietà di un passaggio nei centri di spedizione. «Oltre ad avere un costo assolutamente ingiustificato in rapporto al valore del prodotto confezionato e soprattutto al valore dell’operazione svolta dai centri, è ostacolata dal fatto che le strutture sono poche e fuori mano» spiega Mura. Le strutture autorizzate a “classificarli” non fanno altro che destinarli in una confezione sigillata in cui gli esemplari abbiano una taglia non inferiore alle prescrizioni di legge. Il costo per una cesta che contiene circa 350 ricci si aggira intorno ai 20/25 euro (compresi i retini), da rivendere al mercato per 90/100 euro.
Un po’ meno cara la struttura di Porto Torres rispetto a quella di San Marco, ma con il carburante, per chi arriva da Alghero, i valori fanno presto ad equivalersi. «In ogni caso sono spese onerose e tempo perso per la freschezza del prodotto che vanno a discapito di tutti, compreso i clienti» sostiene il pescatore algherese che rivendica il diritto all’autocertificazione di chi, come lui, è autorizzato dalla licenza (nella zona sono circa 18 ad averla). «Anche perché – ne è convinto – i centri vanno a rendere più difficile il lavoro a chi lo fa comunque alla luce del sole, ma il sommerso resta e prevale». E' d'accordo Mauro Manca, responsabile regionale di Impresapesca Coldiretti, che rivolge un appello alle istituzioni: «devono trovare soluzioni idonee, ad esempio permettendo agli stessi di confezionare e “bollinare” il prodotto all’interno delle strutture comunali destinate alla prima vendita dei prodotti ittici». La pesca dei ricci, d’altronde, ha rappresentato un ammortizzatore sociale in natura per le città costiere della Sardegna, e Alghero non ha fatto eccezione.
Ma se da una parte regolare il far west degli anni passati era doveroso, dall’altra il fenomeno è in evoluzione e come tale deve essere monitorato non mortificando l’attività di coloro che esercitano nel rispetto delle regole. L’ultimo segnale di disagio in città è avere disertato il bando per le postazioni di vendita. Nessuna domanda presentata alla scadenza fissata per il 24 gennaio. Un avviso che secondo i ricciai dovrebbe essere pubblicato ad ottobre, poco prima che la pesca e la commercializzazione inizi, e non a metà dell’opera. Piuttosto chiedono la disponibilità di una parte del Mercato di Primo Pescato - «è una struttura recente, in uso ai pescatori, quasi inutilizzata» - in un’ottica europea di responsabilizzazione della categoria: il primo controllore del mare deve essere il pescatore. Poi chi sbaglia paga, nel mare come altrove.
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