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14 gennaio 2014
Il Mal di Sardegna
L’opinionista del «Corriere della Sera» Pierluigi Battista scopre una nuova malattia della politica italiana: «il mal di Sardegna». L’epidemia sarebbe cominciata con la decisione di Beppe Grillo di non presentare il simbolo delle 5Stelle alle prossime regionali per paura di un clamororoso flop elettorale. La sindrome spiega bene anche i sintomi evidenti di malessere del Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano. Una lettura della politica sarda che viene fatta discendere dalla scelta del Pd di mettere in gioco tutto il prestigio di Francesco Pigliaru e di una candidatura con la fedina penale pulita. Che non tutti i politici sardi possono esibire. Ma la vera domanda riguarda Pigliaru: riuscirà il prorettore di Cagliari a parlare all’elettorato di Michela Murgia per vincere contro Cappellacci?
Il Mal di Sardegna

Come uno sparo nel bel mezzo di un concerto il commento di Pierluigi Battista sulla prima pagina del Corriere della Sera di domenica 12 gennaio, individua una inedita malattia della politica italiana: la sindrome sarda. Niente a che vedere con la struggente nostalgia della terra vissuta da tutti i sardi della diaspora. È presto detto, come sottolinea il titolo del sito Corsero: «Fuga dalla Sardegna per paura del flop». Spiega Battista: «La paura delle elezioni che possono compromettere un destino politico. Il movimento di Grillo diserterà il voto per la nuova giunta regionale sarda… ». Il ragionamento del Corriere è trasparente: «Beppe Grillo ha preso a pretesto le faide che stavano dilaniando il Movimento 5 Stelle per decidere, come al solito in modo imperativo come si addice a un leader che non ammette discussioni, di non far correre il simbolo alle prossime elezioni sarde. Ci sarà una lista simil-5Stelle, ma è quello che nei social network verrebbe definito un «fake» e dunque è ufficiale: il movimento di Grillo diserterà il voto per la nuova giunta regionale sarda.

Certo, le faide contano in questa decisione. Ma conta soprattutto la constatazione che in tutte le elezioni «locali», o comunque diverse da quelle politiche nazionali, il movimento di Grillo ha centrato dei dolorosissimi flop, dalle elezioni friulane a quelle per il sindaco di Roma fino a quelle recenti della Basilicata. Perché compromettere l’immagine di un movimento che invece si presenterà agguerrito alle elezioni europee capitalizzando con ogni probabilità il risentimento anti-euro dell’elettorato, la stanchezza astensionista che certo penalizzerà i partiti più filo-euro? Oggi Grillo deve rintuzzare la controffensiva di Matteo Renzi, e sa benissimo che una parte del voto che lo ha plebiscitato un anno fa potrebbe essere tentato da un ritorno a un Pd rinnovato e meno compromesso con la «vecchia» politica. Perché allora rischiare in Sardegna?» Una sindrome che spiega bene i sintomi della malattia che attanaglia il Nuovo Centrodestra, Ncd: «E perché dovrebbe rischiare un altro partito che ha deciso di disertare l’appuntamento sardo, e cioè il Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano? Le elezioni ravvicinate sono il maggiore pericolo, anzi l’incubo, di Alfano. In caso di probabile sconfitta, la Sardegna sarebbe peggio di un test negativo: sarebbe la tomba del tentativo di de-berlusconizzare il centrodestra che nei mesi scorsi ha dato uno smalto mediatico e istituzionale a chi non ha voluto seguire la scelta di rottura di Berlusconi e di chi lo ha seguito in Forza Italia. Una doppia sindrome sarda: la possibilità di vedere uscire dalle urne della Sardegna risultati negativi. La paura delle elezioni che possono compromettere un destino politico».

Per Battista non sono ben messi nè Forza Italia «perché il suo governatore non ha conseguito risultati decisamente brillanti» e nemmeno il Pd «che si è visto decapitare la candidatura di Francesca Barracciu, indagata a Cagliari in un’inchiesta sui fondi regionali, e che adesso presenta il subentrante Francesco Pigliaru». Battista spiega la «sindrome sarda» individuando un significativo precedente storico: «Fu con la sconfitta alle elezioni sarde che Veltroni decise di lasciare la guida del Pd che pure nel 2008 aveva ottenuto il 33 per cento dei voti: un risultato smagliante se confrontato con i numeri successivi». C’è anche un'altro incognita per l’editorialista del Corriere: «L’incognita di una nuova lista civica capeggiata da Michela Murgia che potrebbe calamitare una parte dello scontento di sinistra e sostituire Grillo come opzione di protesta, creando qualche problema al partito democratico». Visto da più vicino lo strappo politico rappresentato dalla candidatura di Michela Murgia e delle sue tre liste, appare ancora più lacerante. Anche perché la scrittrice di Accabadora finora aveva di fronte a se due partiti, Forza Italia e il Pd delegittimati: il primo dai cinque anni di indecente gestione del potere regionale, il secondo dalle faide dei capibastone, e dalle inchieste giudiziarie sulle spese dei fondi regionali ai partiti, che hanno visto scender in campo i big della politica isolana.

Persino Renato Soru si è trovato a giocare un ruolo per lui insolito. Prima candidando Francesca Barracciu, poi defenestrandola e infine tentando di impedire e affossare la candidatura di Francesco Pigliaru, nome di grande prestigio che ha costretto il partito a ritrovare l’unità perduta, e con essa anche la dignità, potendosi finalmente presentare alle urne con la fedina penale pulita. Pigliaru era stato assessore di Soru ma poi avevano rotto, fra l’altro, per la questione della tassa sulle barche. C’è stato un momento, addirittura, in cui Pigliaru, prorettore di Cagliari, filosofo dell’economia con uso di cattedra non solo a Cagliari ma anche in Inghilterra e in America, sembrava candidato a occupare un posto di rilievo nella giunta proposta da Michela Murgia. Sarà difficile ora per la scrittrice candidata andare all’assalto del Pd cercando i voti per superare anche Forza Italia. Anzi c’è il rischio, però. Che il votare Murgia avvantaggi solo il candidato uscente Ugo Cappellacci di nuovo a capo del centrodestra. Ma da oggi, per capire se la Sardegna potrà guarire non solo i sintomi ma anche la malattia della politica dei capibastone, non può essere che una: riuscirà il prorettore di Cagliari, il fine economista, a scaldare il cuore dell’elettorato sardo per battere i due fronti dai quali si trova stretto prendendo più voti di Cappellacci. Ecco perché dovrà soprattutto parlare anche agli elettori di Michela Murgia.



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