6 gennaio 2014
Altro che Topo Gigio: Forza Pigliaru
L’avversario di Cappellacci non è un pupazzo ma un professore che pubblica in inglese, sa di filosofia dell’ economia, conosce la macchina amministrativa e politica della regione e rappresenta la risposta più trasparente alla questione morale che sta distruggendo la classe politica sarda. Nella guerra dei «capibastone» ha vinto il Pd riuscendo a trovare un candidato che sa di politica senza essere un uomo di partito. Non hanno vinto né Lai né Soru però. E se Pigliaru saprà tradurre in carisma politico la sua immagine di professore capace di mettere insieme competenze tecniche e scelte politiche sarà la politica stessa a ritrovare la sua legittimità perduta. Un problema non solo per l’antipolitica di Cinquestelle ma anche per il vario indipendentismo di Michela Murgia
La sindrome della pagliuzza, che storicamente impedisce alla sinistra di governare seguendo il principio di realtà, oggi in Sardegna ha avuto una virtuosa smentita. Così il Pd sardo, quando ormai sembrava si fosse accecato cercando di togliersi la pagliuzza Barraciu, dopo un infernale nottata è tornato a riveder le stelle. La scelta di Francesco Pigliaru, che aspetta la proclamazione con la riunione di oggi, conferma che a sinistra la «questione morale» ha un alto valore politico.Ecco la differenza: c’è un’Italia gaglioffa che vede la pagliuzza nell’occhio del suo avversario e non vede la trave del proprio campione. C’è un’Italia che non paga le tasse, pronta a dare l’assalto alle pensioni, presunte d’oro, impegnata a criminalizzare gli stipendiati che pagano le tasse, che si riconosce poi nel campione dell’evasione fiscale. Ma ora dopo la prova di coraggio del Pd, le travi di Cappellacci si vedono tutte di fronte alla trasparenza della proposta politica che il nome di Francesco Pigliaru rappresenta senza ombre. «Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vederci bene nel togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello». (Vangelo di Matteo, 7.5). Per capire cosa vuol dire la scelta del Pd bisogna fare un piccolo sforzo: rileggere il dibattito che il prorettore di Cagliari aveva sollevato chiedendo ai probabili candidati, e non immaginando nemmeno la sorpresa che gli stava apparecchiando il destino della politica sarda, la loro opinione sulle proposte concrete necessarie a far uscire la Sardegna dalla sua minorità economica, sociale e soprattutto culturale. Il dibattito, pubblicato dalla nuova Sardegna, è considerato già da stanotte la base per il nuovo manifesto elettorale del centrosinistra.
Nel fare il conto fra i vincitori e vinti non ci si può sottrarre all’enfasi nel constatare il Pd movimento ha vinto contro il Pd partito. Ha vinto contro se stesso, soprattutto, costringendo i «capibastone» a fare una scelta unitaria fuori dalle begne correnti. Ha vinto anche Francesca Barracciu se saprà capitalizzare politicamente la forza del suo passo indietro acquisendo una caratura politica di primo rango. Ha vinto anche chi non ha combattuto, come Silvio Lai, facendo forza della propria debolezza. Ha vinto Luca Lotti e per lui Renzi che ha lasciato che la scelta fosse tutta interna al Pd sardo. Non ha vinto Soru, al quale sarà difficile d’ora in poi pensarsi come il plenipotenziario del Pd nazionale certo, ma non si può dire nemmeno che sia stato davvero sconfitto, soprattutto se saprà separare il suo passato dal suo futuro politico.Ha perso Cappellacci, perché stamane ha scoperto che Topo Gigio, (così aveva scritto nel fuoco della polemica interna al Pd sulle candidature del dopo Barracciu, che sembrava incapace di scegliere il suo avversario), nella realtà è un signore che di mestiere fa il prorettore a Cagliari, che ha studiato Filosofia dell’economia a Cambridge, ha insegnato in California, pubblica in Inglese e conosce perfettamente la macchina amministrativa della Regione Sardegna per l’esperienza, precocemente conclusa con le dimissioni perché era contrario alla tassa sulle barche (la considerava più che populista altamente inutile), nella giunta di Soru nel ruolo di assessore alla programmazione.
E non si tratta di un dettaglio biografico. Pigliaru è stato l’ideologo della più importante battaglia di Soru sul ruolo autonomistico della Sardegna, la Vertenza entrate contro lo Stato. Una lezione di alta politica identitaria per i vari sovranismi e indipendentismi o piuttosto zonafranchismi che inquinano il discorso politico tanto nella destra gaglioffa che nella sinistra ideologica. Da questo punto di vista la candidatura di Pigliaru rende inane il grande sforzo ideale di Michela Murgia. Peccato che la grande scrittirice non abbia saputo trovare la narrazione politica giusta per diventare una candidata di tutti. Soprattutto quando le armi della antipolitica di Grilo non potranno essere usate nella prossima competizione elettorale. Adesso però comincia la parte più difficile per i sardi. Sapranno dare fiducia alla scelta di Pigliaru? Decideranno gli elettori di salvare la Sardegna dai sardi, per usare il paradosso di Marcello Fois, oppure la candidatura di Pigliaru invece che un sogno si rivelerà un nuovo incubo? Dipende anche da Pigliaru, visto in democrazia chi vota ha sempre ragione. E Pigliaru ci deve convincere. Con le sue sue scelte. Con la sua trasparenza. Con la capacità di fare subito squadra. E di trovare quel giusto mezzo per trasformare il suo curriculum di professore in carisma politico.
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