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Alguer.itnotiziesardegnaEditorialiElezioni › Da «Forza paris» a «Forza Parisi»
31 dicembre 2013
Da «Forza paris» a «Forza Parisi»
Fra le ragioni che hanno portato alla rinuncia di Francesca Barracciu c’è anche il prestigio del candidato sostituto, il più probabile finora. Ma adesso che il Pd sardo si è mostrato dotato di una autorità sufficiente per imporre la sua politica i giochi poterebbero riaprirsi. Pigliaru infatti, potrebbe rimanere impaniato nel veto di Soru... C’è poi da valutare quanto conterà il voto della ex candidata che sarà decisivo (come è nei patti). Finora Renzi ha fatto sapere che si tratta di una questione tutta sarda. Ma adesso che in gioco c’è una vittoria di nuovo possibile, difficilmente potrà astenersi dall’influire sul primo degli appuntamenti elettorali della sua segreteria. Potrebbe bastare meno del trenta per cento per vincere. Ed allora ecco farsi avanti uno strano candidato...
Da «Forza paris» a «Forza Parisi»

Come nel racconto della «Lettera rubata» di Edgar Allan Poe, il nome sta sotto gli occhi di tutti, ma proprio per questo nessuno lo vede! Si sta nel gruppo ma in realtà corre già lungo un percorso del tutto solitario.
Il passo indietro di Francesca Barracciu restituisce al Partito democratico la dignità morale che sembrava perduta. Ora però, per sapere se il Pd sarà capace di trasformare il prestigio ritrovato in un vantaggio politico non rimane che scoprire il nome del candidato sostituto. Al primo posto c'è ancora Francesco Pigliaru, il cui nome è servito da grimaldello per scardinare la resistenza della candidata scelta dalle primarie. Dopo una scelta di grande caratura ideale una conseguente candidatura di alto profilo intellettuale e tecnico, extra politico, rappresenterebbe quella formula magica capace di tenere insieme, almeno fino alle elezioni di febbraio, correnti e potentati, anime e identità finora contrastanti.

C'è un ma, però. Il nuovo ruolo di Soru, tutto interno al partito, che ha dimostrato di saper gestire una virtuosa sintonia con entrambi i vertici del consolato democratico (Renzi-Letta), assegna all'ex presidente della Sardegna, un diritto di arbitraggio decisivo. Anzi, non trattabile, come ha già sperimentato Silvio Lai. In questo caso le possibilità di Pigliaru di correre contro Ugo Cappellaci si riducono quasi a zero. Anche perché nessuno, da qui al 2 gennaio, avrà il tempo e la forza, ma nemmeno la voglia, di creare una alleanza di ferro intorno a Pigliaru. Il suo dissenso con Soru è irredimibile, giacché mai è stata ricomposta la rottura, da quando fu costretto a dimettersi dalla giunta di cui era stato l'architrave... E allora ecco rispuntare di nuovo la solita rosa di nomi: ma Franco Siddi, è troppo bravo a fare il presidente della Fnsi, i due rettori Attilio Mastino e Giovanni Melis, pure a gestire il potere di cui sono responsabili. Ci sarebbe allora Carlo Mannoni, che di Soru fu vice e poi per breve tempo sostituto tecnico al vertice della Regione.

E in queste ore torna anche la candidatura bella ma impossibile di Bianca Berlinguer, costretta a smentire oltre ogni mediatica decenza, oppure la chiamata ancestrale all'impegno di un sardo romano come Giovanni Floris. In realtà a Roma si sta consolidando una candidatura tutta nazionale ma dotata di incontestabili attributi genetici. Tenuto conto che insieme al gradimento di Soru il nuovo candidato dovrà avere anche il placet della candidata uscente, sarebbe difficile, nel caso il partito sardo si «incartasse» di nuovo nelle faide di corrente, rifiutare un nome di primo rango della storia del partito democratico. Se si esclude Enrico Letta, mezzo sardo per via materna, e le assonanze nella dominazione del ministro Delrio, per quel Graziano che condivide con Mesina, il politico nazionale che sia dotato di stimmate nuragiche è uno solo: Arturo Parisi è il suo nome. Stava con Romano Prodi al tempo dell'Ulivo, e ci stava anche quando fu fondato il Partito democratico. Non dovrebbe dispiacere a quella parte del partito di Renzi ben consapevole che senza radici profonde l'albero del Pd rischia di veder seccare le sue sparse fronde...

È l'inventore delle primarie, per cui difficilmente potrà essere accusato di volerle sabotare sostituendo la candidata del popolo democratico per evidente stato di emergenza. In più: è stato lui da ultimo (mandato da chi?) a chiedere a Francesca di rinunciare. Per la storia, non bisogna dimenticare che Parisi, già da piccolo andava a confessarsi dallo stesso parroco di Santa Maria, monsignor Masia, che ascoltava i peccati di Cossiga e prima di Segni padre e poi di Segni figlio... Non sarà una scelta facile. E tutto dipende da quanto Soru sarà capace di resistere alla candidatura di Pigliaru, pronto ad attivare il piano di riserva, lanciando il nome, invero un po' leggero, di Carlo Mannoni. Solo allora Lai, il segretario regionale, potrebbe di nuovo chiedere a Renzi, il segretario nazionale, una soluzione romana che costringa tutti a tornare nei ranghi. Nel frattempo la disfida ragionale potrebbe sembrare più semplice del previsto. Se mai la questione morale ha un valore, sarà Ugo Cappellacci a dover rispondere di fronte agli elettori alle sue imputazioni. Ma questo è un altro capitolo. La storia è la stessa. Non resta che aspettare la prossima puntata...



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