Cagliari
22 dicembre 2013
Le voci di dentro della politica sarda
Chi sarà il candidato destinato a sostituire Francesca Barracciu? Il Pd, impaniato nell’incapacità di decidere, si trova nelle condizioni di subire le decisioni che vengono da fuori. E tutti quindi si chiedono: chi sceglierà Carlo De Benedetti, il potente editore della Nuova? Forse un nome di prestigio come il rettore di Sassari?. O il presidente della Fnsi? Alla fine però tutti sembrano convinti che a sostituire la Barracciu ci sarà di nuovo lei, la candidata scelta dal popolo delle primarie
Le voci di dentro è un’immagine che si trova in purezza nel teatro di Eduardo De Filippo. Indica una metafora di una verità che non ha bisogno di essere vera per corrispondere alla realtà, secondo quella propensione scespiriana che ci sono molte più verità in certe bugie che....
Con questa premessa ci permettiamo allora di raccontare una storia che riteniamo vera nella sostanza seppure non accertabile nei fatti. Da un fatto certo però possiamo cominciare: che il Pd nazionale sta sottovalutando le regionali in Sardegna. Non per supponenza politica ma per patente inadeguatezza della classe dirigente sarda, incapace di riempire il vuoto di idee di proposte e di strategie che ne mina la credibilità, vuoto malamente mascherato da una sotterranea guerra tattica fra potentati personali, sempre più meno potenti. Ma siccome in politica non si da, per definizione, il vuoto pneumatico, un qualche potere surrogato che riempia le faglie del Pd sarà inevitabile.
Paradossalmente l’assenza coatta di Berlusconi, che difficilmente potrà tornare in Sardegna per issare sulle baionette di Forza Italia il polimorfo Cappellacci, finirà per avvantaggiare il centrodestra di nuovo identificabile in quel blocco sociale portatore di interessi, dicibili e indicibili, che finora ha visto nel Pd il suo nemico principale. È questo l’effetto ultimo, di lunga durata, della sconfitta alle regionali di cinque anni fa, di cui Renato Soru, e con lui tutto il Pd, in sede storica, portano la responsabilità politica. Per fare un esempio: l’inadeguatezza della giunta Zedda al comune di Cagliari, cioè la sua incapacità a trovare risposte all’altezza della congiuntura politica sarda, ché non di sola crisi si possono alimentare le prospettive di rinascita di una comunità, rientra perfettamente nella fenomenologia della sconfitta annunciata che il Pd in Sardegna persegue con autolesionistica determinazione. La propensione dichiarata da Matteo Renzi di lasciar fare ai sardi, non ha niente di pilatesco, ma suona come uno sberleffo supremo dettato da un cinismo maledettamente toscano, più pinocchiesco che machiavellico.
La candidatura di Francesca Barracciu (nella foto), impalmata dal popolo delle primarie, vive da sempre una vita stentata, non soltanto per le minacce di una delegittimazione giudiziaria, ma soprattutto perché non ha saputo creare quel movimento di partecipazione di cui la sinistra, anche quella democratica, ha bisogno per superare il punto di decollo. Già, perché il carisma, non si alimenta solo di belle apparenze e nuove maniere. Eppure, sic stantibus rebus, le candidature alternative alla Barracciu, di cui anche la Nuova Sardegna e l’Unione Sarda hanno dato notizia con calcolato risalto, ripresa dal Corriere e da Repubblica sembrano non avere la forza di fiorire; come tutti i boccioli delle rose quando l’inverno si fa freddo, come i petali delle rose di candidati che cadono uno a uno quando il voto incombe. «Le rose che non colsi» si potrebbe dire pensando alla generosa proposta di Marcello Fois, che con quello spirito visionario di cui sono dotati gli inventori di trame cinematografiche e storie romanzesche, ha pensato di chiedere al partito democratico di candidare Michela Murgia, schierata su una linea sovranista quasi indipendentista, chiedendo di farsi suicidare proprio all’autrice di Accabadora.
E su questo scenario che, raccontano le voci di dentro, sembrava dovesse apparire un personaggio di primissima grandezza per sciogliere il bandolo della matassa. Non per candidarsi. Ma per determinare, con il peso del suo potere e del suo prestigio, la scelta giusta cioè di trovare un nome che fosse in grado di rappresentare una guida nuova a un esercito ormai scombinato e disilluso. Una scelta che avesse un grande respiro culturale e istituzionale. Ecco perché si è pensato e ancora si pensa che i nomi nuovi siano ridotti a due alternative: una candidatura di alto prestigio culturale identitario, come Attilio Mastino, il rettore dell’Università di Sassari, o invece il segretario della Federazione nazionale della stampa, il sardo di Samassi (Cagliari) Franco Siddi, a cui non manca una caratura democratica nazionale. Ma chi è il nome del king maker, del massimo arbitro incaricato di sciogliere il groviglio sardo? A già: dimenticavamo: Carlo De Benedetti editore della Nuova Sardegna, il quotidiano di Sassari, interessato a sviluppare il modello Repubblica nel giornalismo locale con il clamoroso acquisto del giornale nemico di Cagliari, l’Unione sarda. Come andrà a finire? Chiediamo pazienza. Vi racconteremo il seguito alla prossima puntata.
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