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Red 4 gennaio 2013
Scappa dal rumore, lo insegue karaoke
“Fare grandi le ore piccole” dice Giovanni Oliva rivolgendosi ai più giovani. In città esplode il problema del mancato equilibrio tra movida e rumore. Nessuna innovazione nel settore turistico da decenni e un´offerta notturna sempre più scarsa
Scappa dal rumore, lo <i>insegue</i> karaoke

ALGHERO - «Alghero muore». «Una città dove andare a svecchiare». «Il ricordo sbiadito dell'Alghero by night». Sono solo una minima parte dei commenti rimbalzati in questi giorni sulle pagine del Quotidiano di Alghero. In realtà centrano poco con la "guerra dei decibel" che la scorsa estate ha avuto il suo apice in molte zone della città, ed ha avuto un'imprevista fiammata anche nel sonnacchioso e desolante inverno, ma diventano una vera "spia" di come, e quanto, Alghero abbia perso in termini di popolarità ed appeal nel settore dell'intrattenimento notturno. Una città che non è riuscita a far conciliare movida e riposo, dove tutto è permesso ma non succede niente. Quasi a significare che turismo è sinonimo di rumore o a giustificare un'intera classe politica che negli ultimi decenni - probabilmente - non ha perso un solo minuto per innovare un settore in evidente affanno e semmai incentivare la nascita di attività diverse, ma soprattutto nuove.

Capita così che parlando con gli algheresi più disparati ci si imbatta in situazioni davvero paradossali. Come quella capitata all'architetto Giovanni Oliva (impegnato anche politicamente in città, è il segretario di uno dei due circoli di Sel): Scappa dal centro storico, prende un’altra casa in periferia per risolvere il problema del rumore e poter dormire sonni tranquilli. Sì è tirato dietro, per l’ultima volta, la porta della sua casa nel centro storico lasciandosi alle spalle tutto il rumore e le notti insonni. Finalmente, nella nuova casa un po di pace. Ma come in un film dell’orrore nella nuova abitazione, lontano dal centro storico, tutto si ripropone come prima e peggio di prima. Fuggire da un quartiere ad un altro non è stata la soluzione. E’ solo uno “spostamento” del problema che poi lo ha “inseguito” inesorabilmente.

«Quando mi si è presentata la possibilità, ho preferito cambiar casa perché in piazza del Teatro era diventata impossibile una vita normale per una famigliola come la mia, con tre figli piccoli. Ho lasciato il centro storico (dove sono nato e cresciuto) un po a malincuore per trasferirmi in via degli Orti: inizialmente mi è sembrato di rinascere. Mi sono trasferito da una piazza sonnacchiosa di giorno e rumorosa di notte ad una zona attiva di giorno ma che consentiva il giusto riposo di notte». E’ come nella “Storia Infinita” il nulla che avanza: «Già da due estati i gestori del bar sotto casa hanno pensato di far concorrenza a quello distante un centinaio di metri proponendo a loro volta serate musicali ad alto volume col karaoke».

Ma Alghero è una città turistica, l’intrattenimento musicale fa “girare” l’economia.... «Ciò che mi sembra davvero paradossale è proprio questo, che si cerchi di giustificare atteggiamenti che mi sembra si possano definire “sado-masochistici” con “ragioni economiche”. E’ la solita stupida storia dell’”idolo sacro” dell’economia che avrebbe diritto a imporre sacrifici agli umani, dai fumi inquinanti dei poli industriali ai rumori molesti di notte sotto casa». «Quattro avventori e due baristi - precisa sempre Giovanni Oliva - tengono sveglie centinaia di persone, a volte anche oltre l’una di notte, contro ogni regolamento condominiale e supposta autorizzazione comunale».

«Ogni pena, anche quella detentiva più severa, dovrebbe avere come limite l’integrità fisica delle persone. Quindi... diffiderei l’amministrazione dal farsi complice di “attività moleste” che si protraggano nelle ore del giusto riposo e che procurano ai residenti, e anche ai turisti, non pochi disagi e che alimentano una gara di sevizie, autodistruttive dei “sensi in tutti i sensi”, fra i gestori dei bar. Faccio parte di una generazione che ha alzato la voce durante il giorno per migliorare la nostra società e cantato durante la notte, sempre avendo come limite il rispetto degli altri. Evidentemente non è solo questione di gusti musicali, a me piace tutta la musica, anche quella “assordante”. Ma non riuscirei a goderne sapendo che il mio piacere provoca fastidio o ancor peggio sofferenza ad altri».

Insomma, inutile scappare si devono trovare soluzioni comuni in tutta la città, dal centro alla periferia... «Credo che il problema attenga alla questione di cos’è lo “spazio pubblico” e cos’è lo “spazio comune”. In Sardegna c’è l’esempio del “bighinadu”, (il “vicinato”) ossia lo spazio prospiciente le abitazioni (piazze e piazzette, slarghi e marciapiedi, ecc.) che non è “spazio privato” e non è “spazio pubblico”. E’ uno spazio che comunque non è terra di nessuno o di un potere lontano che l’aliena per monetizzare, ma viene, per consuetudine, gestito direttamente dagli abitanti delle case che vi si affacciano. Una sorta di “grande condominio” sul quale ognuno può vantare dei diritti di uso e di controllo dell’uso che se ne fa da parte degli altri, in maniera condivisa, senza sopraffazione. La nuova amministrazione che si è proposta in campagna elettorale con un bel programma sintetizzato dall’espressione “fare comunità” dovrebbe metter in atto esperienze di consultazione diretta degli abitanti più direttamente coinvolti sulle modalità di uso dello “spazio comune”».

«Una parola d’ordine che proporrei ai più giovani è: “fare grandi le ore piccole”, nei suoi molteplici significati ed in particolare in quello di assume comportamenti “consapevoli, liberi e responsabili” nelle ore dedicate allo svago creativo. Forse bisognerebbe, insieme ai giovani, riprendere la lunga marcia contro il conformismo dell’ingiusta società consumistica. Sono un inossidabile ottimista... intravvedo una maturità dei tempi per nuove più avanzate battaglie “anticapitaliste” a favore dell’umanità», conclude l'architetto.

Nella foto: l'architetto Giovanni Oliva



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