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Stefano Idili 9 giugno 2005
Legambiente Sardegna: votare "Si" contro le scorie
Legambiente Sardegna afferma che occorre ribadire il principio generale, ormai consolidato, che stabilisce che i rifiuti devono essere trattati e smaltiti nell’ambito territoriale in cui sono stati prodotti
Legambiente Sardegna: votare

CAGLIARI - Il 12 giugno 2005 si vota per chiedere l’abrogazione della legge regionale n.8 del 19 giugno 2001 che consente di far arrivare in Sardegna rifiuti da ambiti extraregionale da utilizzare esclusivamente come materia prima negli impianti industriali. In caso di abrogazione permane il divieto assoluto di trattare o smaltire rifiuti comunque classificati di origine extraregionale stabilito dalla legge regionale n.6 del 24 aprile 2001. In primo luogo è opportuno stigmatizzare il comportamento del precedente Consiglio Regionale della Sardegna che in una materia delicata e complessa quale la gestione dei rifiuti, che necessita di una normativa regionale che disciplini e traduca in forme operative i concetti comunitari e statali di gestione integrata dei rifiuti basata su raccolte differenziate e avvio al recupero, non abbia trovato di meglio che legiferare con una norma rozza, grossolana e priva di reali contenuti, quale è appunto la legge regionale n.6/01. Esiste la necessità di disciplina e di controllo sull’ingresso in Sardegna di rifiuti riutilizzabili in cicli produttivi, ma per far questo è necessaria una disciplina regionale che, in armonia con le norme comunitarie e statali, stabilisca in modo rigoroso entità di rifiuti ed azioni di controllo per far si che lo sviluppo delle attività di recupero siano ambientalmente compatibili con le necessità della nostra regione. Tali principi, tra l’altro, sono già contenuti nel Piano Regionale di Gestione dei rifiuti speciali approvato dalla Giunta Regionale, ma che non hanno mai avuto dignità di norma regionale. Legambiente Sardegna afferma che occorre ribadire il principio generale, ormai consolidato, che stabilisce che i rifiuti devono essere trattati e smaltiti nell’ambito territoriale in cui sono stati prodotti. Inoltre che si deve, inoltre, riaffermare che i rifiuti possono costituire invece delle preziose risorse che, opportunamente trattate, costituiscono “materie prime secondarie”. Esse quando sono reimmesse nel ciclo produttivo, riusate e riciclate, consentono notevoli risparmi di risorse naturali, ambientali ed energetiche. I processi di recupero e riutilizzo determinano inoltre una rilevante riduzione della quantità di materia destinata allo smaltimento, con ulteriori benefici per l’ambiente in generale e per il territorio. È quindi necessario ogni sforzo per raggiungere questi obiettivi, operando nel contempo per la riduzione all’origine della massa dei rifiuti, siano essi ordinari o speciali. Per Legambiente i processi industriali di recupero, riuso, trasformazione dei rifiuti e smaltimento in sicurezza dei residui non più trattabili, in particolare di quelli classificati come speciali, deve peraltro avvenire con modalità che garantiscano il massimo di sicurezza ambientale e sanitaria per i lavoratori addetti e per le popolazioni. Occorre garantire la certezza d’origine, la tracciabilità dei materiali, la qualità e la sicurezza dei processi, il rigoroso smaltimento dei residui, l’affidabile professionalità delle aziende e degli addetti ed, infine, il controllo indipendente di tutto il ciclo con il massimo di trasparenza, informazione e accesso ai dati da parte dei cittadini coinvolti. Ora tutto ciò, nel caso specifico, appare alquanto lontano dal reale contesto in esame quale è il caso dei rifiuti speciali che si è scelto, inopinatamente, di trattare in Sardegna: i fumi d’acciaieria trattati, come materia prima secondaria, nella zona industriale del Sulcis. Si consideri che zona industriale interessata è riconosciuta (da una legge nazionale!) tra le più compromesse d’Europa dal punto di vista ambientale. I tempi sono ora maturi per affrontare seriamente, senza compromessi al ribasso, il tema dello sviluppo sostenibile in Sardegna che assuma le questioni ambientali come una priorità, in tutte le sue sfaccettature, e quindi non sia limitato alla conservazione delle coste, ma affronti anche la tutela della qualità dell’aria, del suolo e delle acque. Non possiamo rassegnarci ad accettare che il modello industriale sino ad oggi imperante faccia pagare “costi esterni” (sanitari, ambientali, di mancato sviluppo d’altri settori) sempre più elevati e che contrastano con le aspirazioni dei sardi.



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