Troppi incidenti di caccia in Sardegna. Il Wwf chiede più attenzione all’uso delle armi e l´avvio immediato della regolamentazione delle compagnie di caccia grossa
CAGLIARI - «Un vero e proprio bollettino di guerra. E’ quello che leggiamo all’indomani delle giornate di caccia in Sardegna. Morti, feriti, vuoi per inesperienza, vuoi per fatalità, vuoi per troppa superficialità nell’impugnare un’arma». Così, il presidente del Wwf Sardegna, Antonello Secci, ribadisce la contrarietà dell'associazione sulla caccia.
«Abbiamo atteso ad esprimere la nostra posizione, soprattutto per pietà e rispetto di fronte alla morte del giovane di
Irgoli e dell’anziano capocaccia di
San Pantaleo, ma anche per evitare facili speculazioni relative alla nostra posizione nei confronti della caccia esercitata nella nostra isola». Secci - da 27 anni rappresentante delle associazioni ambientaliste nel Comitato Regionale Faunistico, «l’unico, ricordo, che ha potere deliberativo in Italia» - fa riferimento al confronto continuo col mondo venatorio «spesso conflittuale, che nasce soprattutto dall’assenza di pianificazione faunistica».
«E' da anni - spiega il presidente regionale Wwf - che ripetiamo la necessità dell’applicazione del piano regionale faunistico e con esso degli ambiti territoriali di caccia, previsti dalla legge reg.le 23/98, ma ancora fermi al palo. Non possiamo e non dobbiamo aspettare oltre, anche perché è in corso una sorta di involuzione della caccia, dove le regole vengono spesso disattese». Secondo l'esponente dell'associazione animalista «se la caccia (soprattutto quella esercitata alla nobile stanziale) vuole avere un futuro in Sardegna deve preservare il capitale e utilizzare l’interesse, ovvero conoscere lo status e la dinamica delle popolazioni animali e in base ad essi effettuare i prelievi».
Sulla caccia grossa, Secci evidenzia la diversità rispetto al passato quando «il capocaccia dettava le regole e tutti indistintamente le rispettavano» a oggi in cui «le compagnie fioriscono come funghi». «Da qui nasce l’indisciplina - aggiunge - la poca attenzione durante le battute, l’utilizzo indiscriminato delle munizioni spezzate vietate dalla normativa vigente. Da qui, purtroppo, nascono gli incidenti, a volte mortali come purtroppo riporta spesso la cronaca. Non è concepibile durante le battute al cinghiale sparare in mezzo alla macchia senza avere la visione diretta dell’animale, spostarsi senza autorizzazione del capocaccia durante le battute, ne essere privi dell’obbligatorio giubbino ad alta visibilità».
«Ecco perché riteniamo inderogabile - conclude Secci a nome dell'associazione - che la Regione e le Province varino una seria regolamentazione delle compagnie di caccia grossa». Ed elenca i punti principali: obbligatoria l’anagrafe delle compagnie con i nominativi dei cacciatori che ne fanno parte; una efficace formazione delle compagnie con precise responsabilità e doveri dei capicaccia; stabiliti e fissati in cartografia i territori di caccia (con possibili rotazioni annuali o pluriennali) e, soprattutto regole sul munizionamento (a palla unica) con fucile ad anima liscia, rigata o combinato.
Nella foto: Antonello Secci