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Monica Caggiari 1 giugno 2005
Comitato “No Iscorias”: appello ai Sardi per il Sì contro le scorie
In vista dell’imminente consultazione referendaria s’infittiscono gli impegni per quanto concerne il quinto quesito, destinato esclusivamente alla Regione Sardegna, sull’abrogazione della legge regionale n°8 del 2001 che consente l’importazione in Sardegna di scorie tossiche, qualificandole come materie prime
Comitato “No Iscorias”: appello ai Sardi per il Sì contro le scorie

ALGHERO - La legge regionale n°8, posta al centro della quinta scheda del prossimo Referendum del 12 e 13 giugno, consente l’introduzione di «[…] rifiuti d’origine extra-regionale da utilizzare esclusivamente quali materie prime nei processi produttivi degli impianti industriali ubicati in Sardegna e già operanti alla data dell’approvazione della legge regionale, non finalizzata al trattamento ed allo smaltimento dei rifiuti». A tale proposito si è mobilitato anche ad Alghero, in sinergia con la sezione locale del WWF, il comitato regionale “No Iscorias”, che, con una serie di riflessioni su alcuni dati che emergono sul flusso di queste “materie prime”, interviene proponendo agli abitanti della Sardegna il voto favorevole all’abrogazione della legge in questione. “Per dire sì alla vita diciamo no alle scorie”, questo lo slogan, con il quale “No Iscorias” propone quindi un Sì per la quinta scheda referendaria, per evitare che con questa legge perseveri l’attuale impostazione d’utilizzo delle scorie, evitando inoltre che le normative Europee, che impongono una documentazione sull’origine, il trasporto, lo stoccaggio e lo smaltimento dei rifiuti tossici, siano aggirate. Tra questi rifiuti tossici sono compresi i fumi d’acciaieria, polveri metalliche altamente inquinanti e velenose, raccolte filtrando i fumi dei forni elettrici che producono acciaio dai rottami ferrosi. Questi ultimi provengono in prevalenza da Paesi dell’Est europeo o da Stati dell’Ex Unione Sovietica, che forniscono rottami ferrosi d’ogni genere: tubature industriali, container, serbatoi di raffinerie e industrie obsolete, centrali nucleari smantellate, impianti petrolchimici e via dicendo. I fumi prodotti contengono sostanze chimiche e metalli pesanti, alcuni dei quali possono notoriamente indurre lo sviluppo di tumori e causare neuropatie degenerative e anche malattie cardio-vascolari e polmonari. Il comitato fornisce a tal proposito un’inquietante informazione, che s’aggiunge a rapporti ufficiali dei Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico. Si tratta di un articolo tratto dalla Rivista del Servizio d’informazioni e sicurezza democratica SISDE “Per Aspera ad Veritatem - Rivista di intelligence e di cultura professionale”, numero 19 (gennaio-aprile 2001), niente meno che l’intelligence italiana, che allora affermava: «Sono stati accertati 173 casi di traffico illecito di materiale nucleare dal 1992 al 1998. Su due milioni e 260 mila tonnellate di rottami ferrosi che passano attraverso i valichi doganali, sono stati rispediti al mittente, in quanto risultate contaminate, 15.000 tonnellate. Sono stati accertati e denunciati 66 responsabili di laboratorio, accertati 113 reati penali ed eseguiti 17 sequestri, tra il 1997 e il 1999, per un valore pari a 2.200 milioni. […]». Alla documentazione fornita da No Iscorias s’aggiunge anche la riflessione sulla vulnerabilità della nostra regione in merito alla capacità di rilevare eventuali emergenze per inquinamento radioattivo, poiché in Sardegna, così il comitato, vi è «l’assenza di un portale radiometrico nello stabilimento per lo smaltimento dei fumi di acciaieria fino alla primavera del 2004 e per l’inesistenza di un’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente funzionante.» «In Sardegna – proseguono i membri del Comitato per il sì – non esistono industrie che producano acciaio, però sono presenti aziende che smaltiscono fumi d’acciaierie per ricavarne zinco. Il recupero è del 10/15 percento. Le sostanze tossiche rimanenti vengono disperse in atmosfera, nel suolo e nelle acque. Questo significa che il 75-80% delle scorie restanti diventano, l’anno, 250.000 tonnellate di scorie residue; in dieci anni risultano 2.500.000 tonnellate e ancora non è chiaro dove quest’enorme mole andrebbe a finire.» La proposta di “No Iscorias”, oltre al Sì al quesito referendario, è quella di avviare «un programma di bonifica che veda nei lavoratori presenti in tali aree, in relazione alla loro alta specializzazione, i soggetti attivi sui quali contare per la stessa opera di bonifica.» Il tutto nell’ottica della collaborazione con le organizzazioni sindacali e le strutture di base, perché si giunga ad «una mobilitazione per concertare, assieme alle istituzioni, un programma che trasformi le imprese industriali sarde in fonti sane d’opportunità di benessere, sia per chi ci lavora sia per le popolazioni dei territori interessati.»



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