Alessandra Giudici
25 aprile 2012
L'opinione di Alessandra Giudici
La speranza di una nuova Liberazione
«L’Italia è libera, l’Italia risorgerà». Il 25 aprile del 1945 “Il Popolo”, il giornale del Partito della democrazia cristiana, celebrava con questo titolo a caratteri cubitali la vittoria della rivolta armata partigiana e popolare contro le truppe di occupazione naziste tedesche e contro i loro fiancheggiatori fascisti della Repubblica sociale italiana. Sono passati sessantasette anni, eppure quell’annuncio - «L’Italia è libera» – e quell’auspicio – «L’Italia risorgerà» – sembrano comporre una notizia di strettissima attualità.
Veniamo da un nuovo ventennio di potere assoluto, autoritario e antidemocratico, un ventennio che ha messo a dura prova una democrazia ancora fragile come quella italiana, intaccando in profondità e sfibrando pesantemente il tessuto sociale, economico e culturale del nostro Paese, e l’augurio è che davvero si sia chiusa un’epoca. Qualche mese fa abbiamo accolto le dimissioni del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi come una vera e propria liberazione, nella speranza che quell’evento segnasse la fine del berlusconismo.
Ma è veramente così? E, posto che lo sia, ora l’Italia è veramente libera? È libero un Paese in cui il senso di fiducia nei confronti dei governanti è al minimo storico? È libero un Paese in cui le istituzioni e chi le rappresenta hanno totalmente perso di credibilità? È libero un Paese che invece di difendere le proprie istituzioni locali – presidio di autonomia e di democrazia, figlie di quel 25 aprile 1945 e di tutti gli entusiasmanti eventi che ne sono conseguiti – le baratta in nome di non meglio precisate logiche di risparmio, lasciando che gli sprechi veri continuino ad alimentare un potere ingordo, accentratore e convinto di non dover rendere conto a nessuno, come è invece per gli enti di rappresentanza democratica eletti dalle proprie comunità? È libero un Paese in cui mille parlamentari non vengono eletti democraticamente, ma selezionati e assoldati da partiti sempre più simili a pure e semplici lobby di potere?
È libero un Paese in cui il populismo e l’ipocrisia del sistema mediatico e culturale hanno segnato un solco profondo tra la società reale e la sua artefatta e grottesca rappresentazione? È libero un Paese in cui gli innumerevoli conflitti di interessi che si consumano ogni giorno hanno reso più debole l’informazione – e quindi la democrazia, che è alimentata anche da un’informazione libera e plurale – lasciandola in mano al potere, rendendola insopportabilmente faziosa, falsa, vittima di una crisi di identità a causa della quale è lontana dalla coscienza collettiva ed è costretta, per sopravvivere, a esigere sfacciatamente i finanziamenti pubblici? È libero un Paese in cui lo scontro politico si è trasformato in uno scontro tra istituzioni, e poi in uno scontro tra poteri, con l’effetto di un corto circuito che ha reso meno forti, meno indipendenti e meno credibili sia il potere esecutivo e legislativo che il potere giudiziario? È libero un Paese in cui i goffi figuranti del secessionismo folkloristico e razzista propongono, per salvare le casse dello Stato, di svendere la Sardegna?
Rispondendo a queste domande, forse ci si rende conto che «L’Italia è libera» non è solo un titolo di giornale di strettissima attualità, ma è una speranza che ci proietta verso un futuro che auspichiamo più vicino possibile. È la speranza che ci sia una nuova Liberazione. È la speranza che sappiamo restituire al sacrificio e alla lungimiranza di chi fu protagonista di quella battaglia per la libertà il suo vero significato, quello per cui questa data non è una semplice ricorrenza, ma una doverosa e necessaria pausa di riflessione. È la speranza che sappiamo restituire al concetto ampio e molteplice di libertà un valore assoluto, inequivocabile, universale. Quello per cui la Liberazione ha avuto luogo allora e per cui ha senso ancora oggi.
Quella della Liberazione non è la festa dei vincitori sui vinti. No, quella della Liberazione è un’altra storia. Quella della Liberazione è la storia di un conflitto sociale e civile che spezzò il Paese in due e che per questo, per troppo tempo, ha rievocato sentimenti contrastanti e letture ipocrite, demagogiche, di parte. Ma la storia della Liberazione è la storia di tutti. È la storia della fondazione della nostra Repubblica, nata dal bisogno di chiudere una pagina drammatica, lacerante, della storia nazionale per dare concretezza al desiderio di democrazia. Ecco perché, ancora oggi, è il caso di ricordarcene. Per poter scriver ancora, e presto, che «l’Italia è libera», e che «l’Italia risorgerà». È l’augurio che rivolgo innanzitutto al nostro territorio e alla nostra comunità, che vive questa attesa di rinascita nel profondo disagio prodotto da una crisi economica spaventosa, alla quale stiamo cercando di reagire con determinazione e ostinazione. Mi sia consentito infine, parlando di libertà, un ultimo pensiero: a Rossella Urru, affinché possa tornare prima possibile ai suoi affetti, ai suoi luoghi e alle sue passioni. Affinché possa riassaporare la libertà, la sua e – soprattutto – quella degli altri, alla quale si è dedicata e per la quale ha speso sinora e continuerà a spendere anche in futuro, ne sono sicura, i suoi anni.
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