P.P.
16 aprile 2012
Referendum anti-casta, tutto pronto
Il 6 Maggio i sardi dovranno rispondere a 10 quesiti referendari, di cui cinque sono abrogativi e chiedono l´eliminazione delle leggi del 2004 che avevano istituito le nuove province. Gli altri 5 quesiti sono consultivi e riguardano gli enti intermedi
CAGLIARI – Il prossimo 6 Maggio tutti i sardi sono chiamati a votare i dieci quesiti referendari, di cui cinque abrogativi e cinque consultivi. Dei cinque referendum abrogativi, quattro riguardano le altrettante leggi che avevano istituito le province “regionali” (Olbia-Tempio, Medio Campidano, Ogliastra, Carbonia-Iglesias); il quinto punta, invece, a cancellare la legge regionale che determina indennità e status dei consiglieri regionali, riducendo il numero dei membri del parlamento sardo( da 80 a 50) per rendere più snello l'iter legislativo regionale. Ancora cinque sono i referendum consultivi, che non hanno potere di cancellare leggi come quelli abrogativi, ma rappresentano pareri non vincolanti del corpo elettorale.
Uno di essi ritorna sul tema delle province, proponendo la cancellazione delle quattro province storiche sarde (Cagliari, Sassari, Nuoro, Oristano), creando invece più forti collaborazioni tra i comuni, anche grazie all'applicazione dei principi di sussidiarietà e federalismo municipale. Gli altri referendum consultivi chiedono l'abolizione del voto segreto in consiglio regionale; l'abrogazione dei consigli di amministrazione negli enti regionali, considerati dai proponenti costose zavorre per la macchina regionale; l'elezione diretta del presidente della Regione obbligatoriamente preceduta dalle primarie, in modo che i sardi possano evitare candidature “calate dall'alto”.
Tra i quesiti consultivi, inoltre, si chiede la riscrittura dello Statuto Sardo tramite un'assemblea costituente eletta a suffragio universale, che preveda nuovi punti fondanti della propria identità di comunità nazionale e dei propri rapporti con lo Stato italiano e l'Europa. Un comitato di sostegno composto da esponenti dell’imprenditoria, della cultura, dell’associazionismo e del lavoro, oltre 500 amministratori locali, di cui molti sindaci di piccoli comuni, si sono mobilitati per avviare un processo di cambiamento della politica isolana. In pochi mesi sono state raccolte oltre trecentomila firme, il triplo di quelle necessarie per la presentazione dei quesiti che puntano a un reale cambiamento del panorama politico regionale.
Qualcuno lo ha definito il referendum anticasta, poiché la Sardegna detiene 8 province su un milione e 600 mila abitanti. Il numero dei consiglieri regionali è pari a quello della regione Lombardia, che ha il doppio degli abitanti dell’ isola, e questo si traduce in alti costi per i cittadini sardi. Tutti i quesiti referendari degli ultimi 10 anni, svolti in Sardegna, non hanno avuto la soglia della validità, ad eccezion fatta per il nucleare, quindi si teme non si riesca a raggiungere il quorum, anche perché il mancato accorpamento del voto amministrativo con quello referendario in un solo giorno, potrebbe far calare l’affluenza degli elettori. Il comitato movimento referendario, seppur critico per l’occasione persa dell’ election day, è comunque fiducioso sulla partecipazione dei sardi al voto.
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