«Che cosa sono i pastori», lo chiede e tenta di spiegarlo Giovanni Cugusi, un giovane di Gavoi, «agli amici continentali» del Fatto Quotidiano, che nel tour in Sardegna hanno incontrato le diverse realtà economiche di un´isola in ginocchio, dall´industria alla campagna. Ecco alcuni stralci dell'incontro
OVODDA - Esistono più o meno tre categorie - molto semplificate - di professioni: quelle di cui ti liberi facilmente a fine giornata; quelle di cui ti liberi difficilmente; quelle di cui è labile o inesistente il confine tra ciò che fai e ciò che sei. Il pastore non è solo un mestiere, è l'appartenenza ad un insieme quasi indistinto di terra, animale e uomo. «Che cosa sono i pastori», lo chiede e tenta di spiegarlo Giovanni Cugusi, un giovane di Gavoi, «agli amici continentali» del Fatto Quotidiano, che nel tour in Sardegna di qualche giorno fa, hanno incontrato le diverse realtà economiche di un'Isola in ginocchio, dall'industria alla campagna.
Una tappa emozionante quella ad Ovodda, nel cuore della Barbagia, dove il confronto tra due mondi, quello della tradizione millenaria sarda e dell'informazione nazionale, si sono incontrati senza filtri, raccontandosi. Giovanni, Tore, Simone e Salvatore dialogano con il direttore Antonio Padellaro, i redattori Giorgio Meletti e Luca Telese, e l'ex deputato Elias Vacca, delle difficoltà a resistere, con un prezzo del latte al litro (nella migliore delle ipotesi 0,75 centesimi) inferiore al costo di produzione. Stretti tra la morsa degli industriali e la grande distribuzione, i pastori accusano la politica «di aver abdicato al ruolo super partes». «Questa terra bisogna amarla, non ci servono i capitalisti ma gli imprenditori etici» è la lezione del più giovane tra loro.
La rivendicano la loro "posizione dominante" in una regione dove le pecore sono più del doppio delle persone (tre milioni contro uno e mezzo ndr): nella tutela dell'ambiente; delle buone abitudini alimentari; della cadenza temporale del gioco e della festa, del mutuo soccorso in tempi difficili. «Se si parla di reindustrializzazione, perchè mai di ripastorizzazione?» Una domanda che racchiude la consapevolezza di non potersi fermare davanti ai tempi e le normative che cambiano, e la voglia (a volte rassegnazione) di restare in quelle terre.
«La crisi dipende anche dalle nostre responsabilità» dice un rappresentante della categoria che proietta in Europa e nella Pac le nuove ambizioni, «per non diventare solo accompagnatori di pecore». E il consiglio di un altro sardo, stavolta il giornalista Meletti, è di «guardare in faccia quel riflesso vittimista» dei suoi conterranei. «La capacità di analisi e di proposta che colpisce» secondo Padellaro può essere un inizio, almeno perchè il «non luogo sganciato nel Mediterraneo» come la definisce Telese, ritorni una terra preziosa e dura, aspra e accogliente, con i colori che vadano oltre l'azzurro della Costa Smeralda.