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Monica Caggiari 3 aprile 2005
Addio al Papa
Anche Alghero in lutto
Ad Alghero le forze dell’ordine e di pubblica sicurezza, come anche i Vigili del fuoco hanno ammainato, subito dopo la triste notizia, le bandiere per portarle a mezz’asta, in segno di lutto, proclamato dal Governo italiano per tre giorni e per il funerale del pontefice, del quale ancora non è certa la data
Addio al Papa. Anche Alghero in lutto

ALGHERO - La commozione, con la quale è stato accolta la comunicazione dell’irreversibile saluto a Papa Giovanni Paolo II, è indescrivibile, ma devastante, come quel silenzio che è calato in Piazza San Pietro e quel buio, insieme reale e surreale, del centro storico della nostra città, rimasto forse involontariamente nell’oscurità nella serata di ieri.
Dopo una vera e propria “bulimia mediatica”, che ha circondato la triste attesa dell’addio all’emblema di un’epoca difficile, è arrivato l’annuncio, proclamato da Monsignor Sandri, che tutti sapevamo imminente, ma al quale mai sarebbe stato possibile essere veramente pronti, nonostante il sereno appello alla letizia e la gioiosa visione del trapasso come momento di ricongiungimento con l’eterno di Giovanni Paolo II.
Lascia un’eredità pesante, lui che fu il primo pontefice polacco, il primo non italiano a 455 anni di distanza dall’ultimo, l’olandese Adriano VI.
Karol Wojtyla, nacque il 18 maggio 1920 a Wadowice, a 50 km da Cracovia. Restò orfano di madre a nove anni e nel 1932 perse anche il fratello maggiore. Nonostante le avversità e le disgrazie familiari, il giovane Karol ebbe una brillante carriera di studi, ma a soli 20 anni rimse completamente solo per la morte del padre. Nel 1942 intraprese la via del sacerdozio, nel seminario clandestino di Cracovia e il primo novembre del 1946 venne ordinato sacerdote. Di lì a poco partì per Roma per proseguire gli studi, laureandosi nel 1948 con una tesi sulla fede nelle opere di San Giovanni della Croce, a conferma del suo inedito lato mistico, scoperto da molti solo in questi ultimi giorni della sua ricca e attiva esistenza. Al rientro dalla capitale italiana fu assegnato come viceparroco alla Parrocchia di Niegowiæ, vicino Gdów.
Dopo varie esperienze nel ministero pastorale in altri paesi europei, in particolare tra i connazionali, divenne professore di teologia Morale ed Etica nel seminario maggiore di Cracovia e nella Facoltà di Teologia di Lublino. Nel 1964 venne nominato Arcivescovo metropolita di Cracovia e tra il 1962 e 1964 partecipò al Concilio vaticano II. Nel 1967 arrivò poi la nomina a Cardinale da parte di Paolo VI.
Partecipò al Conclave che seguì alla morte di Paolo VI, il 6 agosto 1978, che portò alla nomina di Giovanni Paolo I, il cui pontificato s’interruppe per l’improvvisa morte il 14 ottobre dello stesso anno. Due giorni dopo vi fu la fumata bianca per il nuovo Papa. Il 263° successore di Pietro era un polacco, uno sportivo, di cultura brillante (parlava, per esempio, 10 lingue) e anticonformista (non fece mai mancare abbracci e carezze), fermo nelle decisioni e nell’apostolato e dalla falcata energica di chi affronta le fatiche di petto. Un montanaro, insomma, come spesso lo avevano definito con grande affetto. Era iniziato il nuovo cammino della Chiesa, propiziato dalla guida di Giovanni Paolo II e sotto l’ala protettiva della Madonna, alla quale il pontefice aveva consacrato l’umanità. Il resto è storia conosciuta e sviscerata in questi giorni da tutte le testate giornalistiche mondiali. Nessuno ha taciuto, nemmeno i governi più ostili e indifferenti, nemmeno le persone più lontane per credo e cultura religiosa inesistente.
Ad Alghero le forze dell’ordine e di pubblica sicurezza, come anche i Vigili del fuoco hanno ammainato, subito dopo la triste notizia, le bandiere per portarle a mezz’asta, in segno di lutto, proclamato dal Governo italiano per tre giorni e per il funerale del pontefice, del quale ancora non è certa la data. Una forte suggestione è scaturita anche dal quasi sinistro black–out, probabilmente involontario, dei lampioni del centro storico. Molti giovani hanno deciso di non concludere la serata, come altre volte, nella baldoria della discoteca; nelle vie di Alghero Vecchia, fulcro dello svago cittadino, man mano che si diffondeva la notizia sono in molti ad aver messo da parte la roboante e sana allegria tipica del sabato sera.
Tutti sono stati toccati, perché a tutti gli esseri umani era rivolto il pensiero di Giovanni Paolo II quando, tra critica e plauso, aveva percorso in lungo e in largo i sentieri dell’evangelizzazione, della pace e della speranza. Una pace per la quale non esitò a battersi con veemente coerenza e inesauribile coraggio, minati tuttavia dall’attentato del 1981 e da numerose malattie, come il Cancro (comunque sconfitto) e il Morbo di Parkinson, che dal 1994 lo aveva progressivamente distrutto nel corpo, ma che non aveva intaccato fino agli ultimi giorni la sua forza d’animo e la lucidità delle sue raccomandazioni. Lo strazio dell’umanità, che in questi giorni ha pregato e pianto, tra commozione e disperazione, è ora concentrato per le sorti di una Chiesa ancora in bilico tra passato, presente e soprattutto futuro. Un futuro senza il Papa “venuto da lontano”, che tanto ha fatto e che proprio per questo ha spianato la strada per un rinnovamento, atteso dai suoi amati giovani.
E sembra quasi di sentirli, quei giovani che fino all’ultimo afflato di questa cara vita, che se ne andava inesorabilmente, hanno pregato e cantato per lui, insieme alle circa centomila persone accorse in Piazza San Pietro, sotto la finestra del 3° piano delle dimore vaticane: “Alleluja; risorgerà”.



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