Adn
12 gennaio 2012
Legge elettorale, referendum inammissibili
I giudici costituzionali sono rimasti chiusi in camera di consiglio per oltre nove ore. Tensione Di Pietro Napolitano
ROMA - Due no dal palazzo della Consulta ai referendum: i giudici della Corte Costituzionale hanno dichiarato infatti inammissibili tutti e due i quesiti referendari relativi alla abrogazione, totale o in alcune parti, della legge elettorale attualmente in vigore. «La Corte Costituzionale - si legge nella nota di palazzo della Consulta - in data 12 gennaio 2012 ha dichiarato inammissibili le due richieste di referendum abrogativo riguardanti la legge 21 dicembre 2005 numero 270 (Modifiche alle norme per l'elezione della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica). La sentenza sarà depositata entro i termini previsti dalla legge».
I giudici costituzionali sono rimasti chiusi in camera di consiglio per oltre nove ore. La riunione era infatti iniziata ieri mattina attorno alle 11.30, subito dopo l'audizione a palazzo della Consulta dei rappresentanti legali del Comitato promotore referendario, rappresentato dagli avvocati Alessandro Pace, Vincenzo Palumbo, Federico Sorrentino e Nicolò Lipari. La seduta, sospesa verso le 13.30 era poi ripresa nel pomeriggio dopo le 15 per chiudersi alle 19 ed essere aggiornata a questa mattina alle 9.30; la decisione dei 15 giudici della Corte Costituzionale, presieduta da Alfonso Quaranta con Sabino Cassese in qualità di giudice relatore, è quindi stata presa verso le 12.30 per un totale di circa 9 ore di camera di consiglio.
Tensione Di Pietro-Napolitano. «Con la sua decisione, la Consulta ha voluto impedire al popolo italiano di scegliere quale legge elettorale vuole». Antonio Di Pietro non usa mezzi termini per criticare le decisioni della Corte Costituzionale sui referendum. «Si tratta di una scelta che non ha nulla di giuridico e di costituzionale ma è politica e di piacere solo al capo dello Stato e alle forze politiche inciuciste - ha detto il leader dell'Idv -. Una volgarità che rischia di diventare regime se non viene fermata dal popolo con le elezioni. E' tempo di scendere nelle piazze e di passare alla protesta attiva per non assistere più a questo scempio di democrazia». E' arrivata a stretto giro la replica, filtrata da ambiente del Quirinale, alle pesanti dichiarazioni di Di Pietro: "«Parlare della sentenza odierna della Corte Costituzionale, come qualche esponente politico ha fatto di «una scelta adottata per fare un piacere al Capo dello Stato» è una insinuazione volgare e del tutto gratuita, che denota solo scorrettezza istituzionale».
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