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S.A. 19 agosto 2011
Protestano le Borgate: autonomia
Sondaggio | I residenti delle borgate lamentano un disinteresse cronico della politica centrale, la mancanza di un progetto di sviluppo turistico ed occupazionale. E lanciano una proposta: la costituzione di un comune autonomo
Protestano le Borgate: autonomia

ALGHERO - «Padroni a casa nostra». Questo, in sintesi, è la richiesta di molti residenti delle borgate del Comune di Alghero, stanchi della scarsa considerazione da parte dell'amministrazione, senza progettualità o interesse nei confronti dei piccoli agglomerati dell'agro. Un'analisi dei rapporti tra la politica centrale e le borgate è stata affidata ad un sintentico ma incisivo blog, dove ci si spinge fino alla proposta di rendere "indipendenti" Santa Maria la Palma, Maristella e Guardia Grande, costituendo un comune autonomo. Un "Comune Parco" da estendere nella costa che va dalla Pineta Mugoni fino alla Spiaggia di Porto Ferro.

E una legge regionale (la 1986, n.58) lo consentirebbe considerato che le stesse frazioni algheresi soddisfano i requisiti richiesti: popolazione base di 2mila abitanti; distanza della frazione dal capoluogo superiore ad otto ed inferiore a quindici chilometri. In tempi di manovra anti-crisi e di tagli ai costi della politica l'idea potrà non avere un buon tempismo, ma si fonda su progetti di rilancio economico da non sottovalutare in termini di crescita del territorio. Secondo i residenti il potenziale turistico delle borgate è sottovalutato da sempre, «oramai è prassi comune pensare che, semplicemente, non vi sia la volontà politica centrale di farle crescere». Migliaia di ettari incolti - spiegano i residenti - sui quali ancora si avrebbe la convinzione di utilizzarli per l'agricoltura, quando il settore è in una crisi profonda.

«Sarebbe sufficiente - dicono - bussare a qualche porta per rendersi conto che gli agricoltori sono i nonni mentre i figli lavorano fuori (se lavorano) in tutt'altri settori. Dati alla mano, nelle borgate meno del 5% degli abitanti vive solo di agricoltura». Così, proseguono: «chi non è socio della Cantina di Santa Maria la Palma o non possiede un uliveto di 50 anni, non ci pensa nemmeno a coltivare la terra per trarvi sostentamento». All'origine lamentano la mancanza di «un progetto utile alla collettività, nessuna proposta giunta dal basso che sia stata presa in considerazione dall'amministrazioni comunale». E le critiche cedono il passo ad un urlo di dolore: «siamo abbandonati a noi stessi, bloccati a 50 anni fa ed impotenti di decidere sul nostro futuro».



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