Luigi Coppola
4 marzo 2005
A Sassari il convegno con Marcello Fois e Giulio Angioni
Terzo “giovedì della cultura” all’Aula Magna dell’ateneo sassarese. L’incontro promosso dal FAI di Sassari e dal Banco di Sardegna in collaborazione con La Nuova Sardegna, dedicato al connubio fra paesaggio e letteratura sarda
SASSARI – Il terzo appuntamento dei “giovedì della cultura”, ha nuovamente esaurito la capienza dell’Aula Magna dell’Università di Sassari, nonostante la pioggia battente ed il freddo polare. Quasi tre ore di dibattito (si sarebbe potuto tranquillamente albeggiare con gli irriducibili interessati da tomi fascinosi), per dare i colori della letteratura sarda ai perimetri tratteggiati dal suo paesaggio. Pittori di quest’affresco, per la soddisfazione di tutti i partecipanti, che ne hanno apprezzato visione e contenuti, il prof. Giulio Angioni docente antropologo presso l’Università di Cagliari e lo scrittore sceneggiatore Marcello Fois. Nato a Nuoro nel 1960, bolognese d’adozione o non ce ne voglia, attualmente in Emilia per il suo lavoro. Costantino Cossu per La Nuova, come consuetudine fa gli onori di casa, introducendo gli ospiti.Un viaggio letterario ambientale, dal percorso irto, struggente, spesso poco visibile, mai lineare: sempre avvincente. Nella prima relazione Angioni, fissata l’etimologia d’alcuni termini chiave, paesaggio (richiama il paese l’umanizzazione di un luogo) o l’utile ambiguità d’altri, (natura o territorio), n’aggancia il corso storico. La sua disamina trae origine nel primo paesaggio campione di metà Cinquecento. Approntato dal cagliaritano Sigismondo Arquar, si sviluppa nell’Ottocento con un salto di oltre due secoli (anche per necessità di sintesi) in una filiera letteraria dalle immagini romantiche primitive. Un luogo dove gli uomini, pochi, vivono come qualsiasi altro popolo, su un’isola bella, ricoperta da macchia mediterranea e greggi di pecore. Nei Costa, Beccaredda, Brundu, Deledda sino a Vittorini e Carlo Levi l’asfodelo sardo incarnano il “sublime dei primordi” avvolto nei sentimenti d’arcaicità. Una modernità dell’Europa primordiale cercata e voluta anche dal viaggiatore inglese Lawrence. Nel suo “Mare e Sardegna” riscontra con favore l’arcadia ed il bucolismo dei paesaggi pastorizi, narrati dalla mano d’opera dei contadini del Medio Campidano (Antonio Puddu). Vista con la penna dello scrittore, una china d’inchiostro tagliata su stili e contenuti non convenzionali o compiacenti, l’analisi di Marcello Fois. Supportato dalla lettura di brani, selezionati all’uopo, l’autore barbaricino, ideatore della fiction televisiva Distretto di polizia (nel cinema presente con la sceneggiatura della tragica ricostruzione della vicenda d’Ilaria Alpi), propone coraggiose affermazioni, sdrammatizzate dal canonico aplomb auto ironico che lo distingue. Da un lato smonta quel “paesaggio terzo”, confuso tra folclore e memoria, cresciuto nella romanza da tour operator di E. Costa (Il Mutu di Gallura). Un “festival del vezzeggiativo” ad uso del turista interno (sardo), doppiamente asservito. Dall’altro blinda la geografia letteraria e fantastica di G. Deledda, riuscita nel sardizzare il continente, realizzando un linguaggio catalogato, designando Nuoro, capitale della Sardegna, “Sardegna”. Una grammatica toponomastica, ritrovata in Sergio Atezni (ricordati con uno scrosciante applauso, i dieci anni della scomparsa), Maria Giacobbe, Salvatore Nufoi. Mentre Cossu ricorda altri autori (Caleidonas), usciti fuori della gabbia Deleddiana, lo stesso Fois riprende la stretta sugli intellettuali, “eruditi di giro”, accomodati ad interventi pre confezionati o pre pagati. E’ notte fonda, quando Simona, studentessa pro Sorso, in un emozionato appello, grida il suo invito ad aprirsi all’esterno, internazionalizzando le proprie competenze e affinità: suonando, scrivendo, imparando e possibilmente, tornando. Nuovi paesaggi, nuove letterature. Perché escluderlo?
Nella foto G. Angioni e M. Fois
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