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S.A. 20 aprile 2011
Eutanasia: dibattito all´Università di Cagliari
Dibattito organizzato dall’Associazione “Il Grillo Parlante” sui temi della fine della vita, in relazione al disegno di legge attualmente in discussione in Parlamento. E´ intervenuto Paolo De Angelis, magistrato
Eutanasia: dibattito all´Università di Cagliari

SASSARI - «Il problema è il bilanciamento del diritto individuale all’autodeterminazione con i principi deontologici che regolano la professione medica». Lo ha detto Paolo De Angelis, magistrato della Procura di Cagliari e docente della Facoltà di Giurisprudenza, intervenendo al dibattito organizzato dall’Associazione “Il Grillo Parlante” martedì pomeriggio nell’Aula Arcari sui temi della fine della vita, in relazione al disegno di legge attualmente in discussione in Parlamento.

Il magistrato si è soffermato in particolare sul consenso informato: «Pur in mancanza di una regola generale – ha detto – l’idea che il consenso debba essere informato si è radicata perché si attaglia al principio personalistico che ispira il nostro ordinamento giuridico. L’evoluzione delle proposte di legge è stata però influenzata da alcuni casi concreti, che hanno registrato purtroppo logiche da stadio pur su temi così delicati, che richiederebbero ben altro approccio. Gli argomenti sono stati branditi senza nessuna attenzione alle problematiche giuridiche sottili a cui facevano riferimento». E’ seguita dunque la ricostruzione delle sentenze dei casi Welby ed Eluana: «C’è un sistema, un reticolo di norme – ha proseguito il magistrato – che ci fa dire che il principio del consenso è di rango costituzionale, ma il diritto al rifiuto delle cure mediche non equivale a riconoscere il diritto al suicidio».

Riferendosi a quest’ultima vicenda, Carlo Pilia, docente di diritto privato, ha sostenuto che «la soluzione giurisprudenziale ha dettato una regola di comportamento avallata da successive sentenze. A che serve allora una legge? Ad avere coscienza che nel nostro Paese occorre una norma generale cui riferirsi, dato che la soluzione giurisprudenziale non ha di fatto applicato principi contenuti in una disciplina organica». «Le norme sono dunque necessarie – ha aggiunto il professore – ma sulle scelte di politica di fine vita ci sono da registrare passaggi che vengono giudicati conservatori rispetto alla sentenza. La legge serve solo sul piano tecnico o diventa l’occasione per ripensare linee di condotta?».

I dilemmi proposti sono stati affrontati anche da Salvatore Pisu, docente di Bioetica alla Facoltà di Medicina: «Esistono due concetti di libertà – ha detto – uno perfettamente compatibile con il bene del paziente, secondo il quale scopo del medico è restituire autonomia al paziente. L’autonomia è anche condizione fondamentale per la beneficenza: è necessario che il paziente riconosca il bene – che il medico vuol fare – come tale». «Ma – ha concluso Pisu – esiste anche un concetto di autonomia da cui può nascere il cosiddetto “diritto a morire”, secondo il quale il medico dovrebbe fare quello che il paziente chiede, prescindendo da qualunque altra considerazione». Il dibattito che ha chiuso la serata ha mostrato che si tratta di temi su cui anche gli spunti proposti provocano discussioni accese e inevitabili dilemmi etici.



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