Luigi Coppola
15 giugno 2004
Adelasia musa turritana
Presentato a Porto Torres il nuovo romanzo di Grazia Maria Poddighe, “L’ultimo inverno di Adelasia”
Festa delle donne, ovvero sala consiliare del comune di Portotorres, gremita in rosa per un’assemblea d’interesse insolitamente superiore. L’occasione è la presentazione del romanzo “L’ultimo inverno di Adelasia” di Grazia Maria Poddighe, edito da Carlo Delfino. L’evento organizzato l’undici giugno dalla sezione locale della FI.DA.PA., si consuma in due ore di dibattito, articolato fra interventi e brani recitati con appropriato pathos da Clara Farina, che suscita pieno consenso nel pubblico. Una donna che ha precorso i tempi, valorizzando il paese a livello europeo: una femminista della prima ora, la presentazione della discussa protagonista.
“Un libro provvidenziale per la visione delle donne nel passato…” la recensione del sindaco accorso in lieve ritardo per la fitta agenda istituzionale.
Lineare e sobrio l’ambiente storico, in cui evolve la trama della prosa, mista di frammenti fiabeschi, descritto dal dott. Mauro Sanna, dipartimento di Storia, presso l’ateneo di Sassari. Le alterne vicende politiche del Giudicato di Torres s’intrecciano con quelli personali di Adelasia. Questa si ritrova in Giudicato suo malgrado, subendo una serie d’accadimenti segnati da dolore e determinazione, sofferenze e amori, sino alla sua morte, attribuibile tra il 1255 ed il 1263, forse sulla via di Burgos, divenuta arteria di traffico militare. L’epilogo misterioso della sua esistenza, conclude un periodo di lotte intestine per la supremazia del territorio, conteso da Pisani e Genovesi. Problemi dinastici, tragedie familiari bagnate nel sangue: il giovane fratello Barisone è trucidato dai Sassaresi nel 1235. Rimasta vedova del giudice Ubaldo Visconti, anziché sposare un pisano compiacente al pontefice, unendosi al figlio illegittimo di Federico II, Enzo, lo conferisce Rex Sardiniae. Questi resiste al suo fianco dieci mesi, trascorsi all’insegna di offese e tradimenti, prima d’essere attratto da altre avventure politiche nel nord d’Italia. Catturato dieci anni dopo dai Bolognesi, ne passerà altri venticinque in una prigione dorata. Dopo l’annullamento del matrimonio (1246), Adelasia assiste impotente al declino del suo regno. Torres si spopola. Si vive di ricordi quando all’apice dello splendore fu prima sede diocesana, poi archidiocesana. Ardara prende gradualmente il sopravvento mentre Sassari diviene motore trainante della provincia.
Il prof. N. Tanda che introduce il dibattito, accosta Adelasia ad un’icona di uno stato attuale dell’isola. Dove la rinuncia al Regno Sardinia, conseguenza dell’annessione al Regno d’Italia, è l’errore decisivo. Diversamente da quanto operato dagl’Irlandesi che si battevano per la propria indipendenza sin dal ‘400. Pionere e fondatore di un’esperienza diversa, Tanda riconosce la letteratura come un insieme di letterature regionali dove la prosa locale dei Farina, Canu, Costa rimane incancellabile testimonianza della lingua sarda.
Conclude l’autrice accentuando dei tratti in chiaroscuro della Regina, scaltra in pubblico, debole nel suo privato. Rivela una dose di libera invenzione, su una base storica reale, permeata da una scrittura poetica, guida antropologica del popolo sardo. Estratti di Yung miscelati a divine sacralità risalenti ai Fenici e Romani. Presenze misteriose, bipolarità del carattere di Adelasia, elementi d’assieme che compongono l’archetipo femminile sardo. Apologia del gentil sesso, per una serata che premia una città dove donna e cultura perpetuano geneticamente solido unicum.
|