Red
3 ottobre 2008
Legambiente: «Referendum Salvacoste senza senso»
«Un referendum per tornare ad una Sardegna del passato. Una Sardegna senza regole che ha venduto le spiagge a pochi immobiliaristi sottraendole per sempre alla fruizione dei Sardi»
ALGHERO - Il referendum del 5 ottobre vuole cancellare la legge “Salvacoste”. L'obiettivo non è tanto la “Salvacoste”, superata dal Piano Paesaggistico Regionale, ma abbattere proprio il Piano Paesaggistico, che si vorrebbe legittimato dalla Salvacoste e che oggi preserva le coste della Sardegna dall'avanzata del cemento.
«Un referendum per tornare ad una Sardegna del passato. Una Sardegna senza regole che ha venduto le spiagge a pochi immobiliaristi sottraendole per sempre alla fruizione dei Sardi», scrivono dalla sezione algherese di Legambiente.
Ma intanto un referendum inutile. Perchè l'impianto legislativo del PPR non è la Legge n. 8/224 “Salvacoste” ma il Codice Nazionale del Paesaggio (Decreto Legislativo N. 42/2004). Anche in caso di vittoria, il referendum non cancellerebbe nulla.
«Il Piano Paesaggistico Regionale - scrive Luciano Deriu dalla sezione algherese di Legambiente - è un uno strumento che ha la fondamentale funzione di indirizzo e raccordo delle attività edificatorie dei Comuni. Uno strumento indispensabile che la Sardegna aspettava da decenni e che le pressioni speculative avevano impedito finora che venisse promulgato. Così neppure i comuni si dotavano di Piani Urbanistici, agendo senza regole secondo le pressione locali».
«Ora la Sardegna ha il suo Piano. Un Piano che contiene forse anche alcuni eccessi che si potranno e si dovranno rivedere, ma che mette indispensabili regole generali e conduce i Comuni a dotarsi di Piani Urbanistici».
«Un Piano che, seguendo gli indirizzi del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, rovescia il tradizionale approccio nei confronti del territorio. Le zone pregiate, prima classificate “turistiche” e destinate in gran parte ad essere edificate, sono sottratte all'attività edificatoria e valorizzate in quanto beni paesaggistici, storici ed ambientali».
«Ed è questo l'unico approccio che può garantire una prospettiva di sviluppo e di vivibilità per la Sardegna. Le coste sono il capitale primario. Venderle a pochi privilegiati, significa sottrarre i luoghi più belli ai Sardi e cancellare la più importante risorsa per il turismo».
«Noi - continuano gli ambientalisti - che siamo legati da sentimenti di identità e amicizia con i luoghi della nostra isola, siamo con la filosofia del PPR e cioè che la fascia costiera costituisca una risorsa strategica per la Sardegna e non può essere venduta».
«Ma il nuovo Piano - sottolineano da Legambiente - rappresenta oggi anche un'esperienza di livello internazionale che molti stati guardano con interesse e che ha posto la Sardegna tra i paesi più avanzati sul tema delle aree costiere. Per una volta la Sardegna è segnalata non per la sua arretratezza ma per la sua modernità. Non si torna indietro e il referendum non cambia niente».
«Si tratta solo di un modesto tentativo di rifarsi da parte di chi ha perso le elezioni. Un capriccio - conclude Luciano Deriu - di rivincita che costerà ai contribuenti nove milioni di euro. Un'azione che non mette conto di prendere in considerazione».
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