Carlo Mannoni
16 dicembre 2024
L'opinione di Carlo Mannoni
Il nostro rapporto con l’albero di Natale
Ognuno di noi ha un rapporto speciale con l’albero di Natale. Credo che ciò accada per diversi motivi: dal ricordo dei primi alberi della nostra fanciullezza (la mia prima memoria mi riconduce a un albero con dei mandarini ornamentali che pendevano dai suoi rami), a quello degli alberi realizzati per i nostri figli ancora bambini così come a quello, più attuale, degli addobbi preparati per i nostri nipoti. Tutto riconduce, quindi, al motivo della fanciullezza, la nostra prima di tutto, e poi quella di coloro che ci hanno accompagnato e ci accompagnano nella vita e che, in qualche modo, ci ricongiungono alla nostra col pensiero. C’è poi un altro motivo, ne sono convinto, più intimo e riservato : attiene alla nostra attività introspettiva che la sua vestitura, dapprima, e la spoliazione al termine delle festività, in seguito, determina in noi.
Fateci caso: ci incontriamo con lui una volta all’anno e finché siamo al suo cospetto, durante l’addobbo, non facciamo altro che rispondere alle sue domande. Lui ci lascia fare, ma non smette mai di interrogarci e, rispondendogli, non facciamo che rispondere a noi stessi. Inflessibile e imperturbabile, ci ascolta pazientemente come faceva il nostro confessore di antica memoria ma, differentemente da questi, non ci dà né penitenze né raccomandazioni. Ascolta e basta e, poiché parliamo a noi stessi, il dialogo con lui è rimbalzante, poiché tutto ciò che gli confidiamo ritorna all’interno della nostra coscienza. Ci accomiatiamo da lui, provvisoriamente, lasciandolo libero di sfavillare sino all’Epifania o poco più. Luminoso e quasi radioso, seppure a intermittenza, dimostra di aver assorbito bene le nostre confidenze. Tutto è durato poco più di un’ora: il tempo che ci è occorso per liberarlo dalla stretta custodia in cui lo avevamo riposto un anno fa, rimetterlo in piedi e rivestirlo di luci e colori.
Ci siamo sentiti un po’ tutti come il mastro Geppetto di Collodi mentre dà vita al suo Pinocchio. Ritrovarlo è stata una gioia, perché tale evento non era scontato: un anno da passare non è poca cosa. Quando, tra un mese o poco più, lo svestiremo dei suoi addobbi, avremo il tempo per un altro stretto dialogo con lui, quello dell’arrivederci e delle promesse: a tra un anno per l’ennesimo resoconto. Speriamo bene. Anche questa volta ci lascerà fare e se ne andrà in letargo senza un lamento o recriminazione. Che stile! Sa che c’è un tempo per ogni cosa, anche se c’è chi l‘albero lo ripone a malavoglia che è già estate inoltrata. Sarà pure un’illusione, il nostro albero natalizio, ma che esclusiva intimità e confidenza tra lui e noi. In fondo, riconosciamolo, in tanti tra noi non riuscirebbero a farne a meno.
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