Pasquale Chessa
15:20
Ciao Emilio....
Il ricordo di Pasquale Chessa, direttore del Quotidiano di Alghero, per la scomparsa dell´architetto Emilio Zoagli. Alle sue parole si unisce la vicinanza della redazione e lo staff a Guido e Paolo e a tutta la famiglia Zoagli
Emilio non ha mai abusato delle parole. Sapeva solo quelle giuste per dire tutto. Come se per ogni idea ci fosse una e una sola corrispondente parola per dirla. Il suo riserbo era matematicamente proporzionale alla sua disponibilità per le idee degli altri. Con la stessa intelligenza delle cose, sapeva anche ascoltare: le voci della gente, il rumore delle cose, i silenzi della vita. Lo sapevano bene gli antichi romani che nel loro Olimpo avevano trovato un posto anche per la dea Tacita. La sua era una visione del mondo che le veniva non solo dalla sua storia, la storia di una famiglia di lignaggio nobiliare che portava il nome di una cittadina, al di là dal mare, oltre la Corsica, sulla costa della Liguria di Levante: Zoagli. Ma bastò una sola generazione per mutuare l’ascendenza ligure con la cittadinanza algherese. Alghero è stata per Emilio la città mondo, l’universo esistenziale su cui misurare il ritmo interiore di tutta la sua storia. Che nella notte appena passata, prima dell’alba del 22 novembre, si è conclusa dopo 85 anni. Profondo è il segno che ha lasciato impresso su Alghero, la sua città. Il suo essere architetto aveva la misura dell’antico, del classico. Si vedono i vuoti prima dei pieni nelle forme che dava all’architettura delle cose, che nel particolare sapevano evocare l’universale, in un rapporto continuo fra nuovo e vecchio, storia e natura, cultura e mestiere. Una postura intellettuale che gli veniva dallo speciale rapporto con gli anni del suo fertile apprendistato, a Roma, quando abitava in Via dell’Oca verso il Tevere, dietro piazza del Popolo, sul confine fra barocco e moderno. La laurea alle soglie del Sessantotto dopo gli studi a Valle Giulia con Ludovico Quaroni, non gli impediranno di ritornare in Sardegna con lo sguardo di chi sa che il futuro è meglio del passato. Un’attitudine che gli veniva dalla consapevolezza di essere fra i protagonisti più giovani di quella Scuola romana che comprendeva architetti allievi di Quaroni come Rebecchini o Dario Passi... Si trattasse dei primi progetti, per esempio il Centro servizi del Latte Dolce e il Piano regolatore di Sassari, piuttosto che degli ultimi interventi nel cuore architettonico di Alghero, pensiamo al Pou Sarit, traspare indelebile la memoria di un rapporto con la cultura urbanistica e architettonica internazionale. Molti dei suoi progetti sono stati infatti pubblicati dalle grandi riviste di architettura, da Casabella a Controspazio. La sua predilezione per il genius loci, viene in mente pensando a Simon Mossa, un altro grande dell’architettura sarda, il cui studio Emilio frequentò nei suoi inizi, pur nella diversa prospettiva di stile e di maniera. Suggestioni e ricordi che ora tornano vivi pensando alla morte di Emilio. Soprattutto al suo lascito ideale e professionale che continua con il suo compagno di lavoro Giorgio Peghin e il figlio architetto, Paolo. Non in senso astratto. In concreto, ci sarebbe da ristudiare e completare il progetto per la sistemazione dell’Area Saica. Ma soprattutto il Piano Urbanistico Comunale di Alghero che aspetta la sua piena applicazione, ma che per come è stato pensato elaborato e disegnato rappresenta la sua opera maggiore. Ecco un modo di ricordarlo. Realizzare il suo Puc sarebbe il giusto riconoscimento del valore di una vita che non è stata mai inutile. Ciao Emilio...
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