S.A.
25 settembre 2024
Boom export sardo: vola l´agroalimentare
Gran parte della crescita è dovuta all’aumento dei prezzi secondo il Report della Cna Sardegna. Sono tre i settori che hanno sperimentato la crescita dei prezzi di vendita più sostenuta: agroalimentare, settore della lavorazione del petrolio e lavorazione dei prodotti in metallo
CAGLIARI - Boom dell’export sardo nel 2024, ma gran parte della crescita è dovuta all’aumento dei prezzi: il Report della Cna Sardegna. Alla fine del primo semestre 2024 si registra una crescita del +18,8% rispetto al 2023: al netto di esportazioni petrolifere la crescita lievita al +28,8%; espungendo anche la voce merci dichiarate come provviste di bordo (merci di ritorno e respinte e merci varie) si arriva al +22,3. Il valore complessivo dei prodotti isolani venduti all’estero è passato da 3,2 miliardi a 3,8 miliardi: un guadagno di oltre 600 milioni di euro. Il 2024 potrebbe chiudersi con un bilancio di 8 miliardi di euro, cifra da confrontare con il record di 8,9 miliardi registrato nel 2022. Nel manifatturiero si conferma l’ottimo stato di salute del comparto agroalimentare che, rispetto allo stesso periodo del 2023, ha misurato una crescita superiore al 10%. Il settore delle sostanze e dei prodotti chimici dopo il crollo del 2023 registra un buon +38,7%. Bene anche il settore dei macchinari (+49,9%), quello dei mezzi di trasporto (+104%) e il tessile (+25,9%). Arretrano legno e carta (-13,1%) e articoli in gomma, plastica e minerali non metalliferi (-15,6%)
Nell’agroalimentare i prodotti lattiero-caseari continuano a farla da padrone (+8,5% in valore primo semestre 2024). Boom dell’olio sardo: le esportazioni sono aumentate in un semestre del +56%, un dato che corrisponde a oltre 1,5 milioni di euro in più di vendite rispetto alla prima parte del 2023. Nel 2023 il valore dell’export di pecorino e dolce sardo è cresciuto del +9%, ma la dinamica delle quantità vendute (in kg) ha registrato un calo del -5,4%. Dopo il picco di giugno 2023 (15,1 euro al kg) il prezzo unitario è sceso gradualmente, assestandosi, a marzo dell’anno in corso, a 13,3 euro. Tomasi e Porcu CNA: «ad un’analisi più approfondita una parte significativa della crescita, oltre il 78%, è da attribuirsi all’inflazione; se valutata ai prezzi del 2019 sulle quantità reali la dinamica del nostro export diventerebbe negativa a riprova delle difficoltà a ritagliarsi nuovi spazi nei mercati internazionali e a far crescere volumi e redditività. Exploit positivo dell’export sardo nel primo semestre del 2024: nell’ultimo trimestre si è registrata una variazione che, nel totale dei primi sei mesi, è arrivata al +18,8% rispetto allo stesso periodo del 2023. Il valore complessivo dei prodotti isolani venduti all’estero è passato da 3,2 miliardi a 3,8 miliardi: un guadagno di oltre 600 milioni di euro».
Lo si evince da un dossier del Centro Studi della Cna Sardegna che attesta un netto cambio di marcia dell’export nell’anno in corso. Va detto però che il secondo trimestre del 2023 era stato il peggiore degli ultimi 11 trimestri, circostanza che contribuisce a spiegare una performance così brillante su base annua. «Se la seconda parte dell’anno dovesse confermare le tendenze positive, il 2024 potrebbe chiudersi con un bilancio non distante dagli 8 miliardi di euro, cifra da confrontare con il record di 8,9 miliardi registrato nel 2022”. - evidenziano Luigi Tomasi e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale della Cna Sardegna – Da notare, inoltre, che, se si esclude il settore della raffinazione petrolifera che rappresenta oltre l’81% del totale, la crescita annua dell’export si amplifica, arrivando a quasi il +30%. Uno dei motori è sicuramente l’agroalimentare (+10,2%), che ha fatto registrare una nuova espansione dopo cinque anni di crescita ininterrotta. Restando nell’ambito manifatturiero: bene il settore chimico-farmaceutico, in netta ripresa (+39%) dopo il crollo del 2023; ancora positivo l’andamento del settore della lavorazione dei metalli (+65%); bene macchinari e apparecchiature (+50%), così come il tessile (+26%). Arretrano, di contro, le vendite di prodotti in legno, carta e stampa (-13,1%) e prodotti di minerali non metalliferi (-15,6%)».
«I dati riportati dalla ricerca – proseguono Tomasi e Porcu - si riferiscono al valore delle vendite valutati a valori correnti; dunque, come vedremo in seguito una parte della crescita osservata è da imputare alle dinamiche dei prezzi. Se ad esempio si prende in considerazione la situazione del primo semestre 2019 (prima dell’esplosione della crisi sanitaria e prima dell’impennata dei prezzi dell’ultimo biennio) la crescita dell’export isolano passerebbe dal +43% valutato a prezzi correnti (I semestre 2024 su I semestre 2019) al più modesto +9,5% a prezzi costanti; in altre parole, oltre il 78% della crescita osservata è da attribuirsi all’inflazione dei prezzi. Se valutato ai prezzi del 2019 sulle quantità reali la dinamica del nostro export diventerebbe negativa a riprova della difficoltà del nostro export a ritagliarsi nuovi spazi nei mercati internazionali e a far crescere anche i volumi e redditività».
Sono tre i settori che hanno sperimentato la crescita dei prezzi di vendita più sostenuta: agroalimentare, settore della lavorazione del petrolio e lavorazione dei prodotti in metallo. La ricerca della Cna evidenzia inoltre che una parte significativa della crescita dell’export regionale degli ultimi cinque anni è da attribuire a una sola voce, ovvero “merci dichiarate come provviste di bordo, merci di ritorno e respinte e merci varie”; si tratta di merci impiegate nel contesto del trasporto marittimo o aereo. Se eliminiamo questa voce dal totale, rispetto al 2019 il livello dell’export regionale, al netto della variazione dei prezzi, sarebbe persino in diminuzione: -5,2%. In sostanza, a uno sguardo più attento (valutando le quantità piuttosto che i valori di vendita) l’exploit dell’export regionale degli ultimi cinque anni appare meno convincente, a testimonianza di un settore produttivo che, anche nei suoi settori trainanti - anche la performance dell’agroalimentare è da attribuire in larga parte alla dinamica di crescita dei prezzi di vendita - fatica a ritagliarsi nuovi spazi nei mercati internazionali.
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