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Alguer.itnotiziealgheroOpinioniSocietà Una casa di accoglienza e un senso di comunità perso
Antonio Mura 26 giugno 2024
L'opinione di Antonio Mura
Una casa di accoglienza e un senso di comunità perso
<i> Una casa di accoglienza e un senso di comunità perso</i>

Quanto successo la notte scorsa nei locali dei Servizi Sociali di Alghero, a Lo Quarter, dimostra (se ancora ve ne fosse bisogno) la necessità di organizzare un piano di interventi che risponda con immediatezza ed efficacia ai bisogni di chi, per diverse ragioni, si trova momentaneamente senza dimora, o si trova in una particolare condizione esistenziale, condizione che può essere determinata da estrema povertà, da malattia, da forme di emarginazione se non di esclusione, da esperienze di fallimento o di reclusione, da fattori che non sempre possono essere governati dalla propria volontà (sempre che sia possibile per certe persone esercitare un minimo di volontà). Può sembrare un caso isolato ma nello stesso giorno una signora ha saltato il cancello dell’Ostello della Gioventù di Fertilia (ormai ex), urlando la sua disperazione, di avere bisogno di una casa. Sino a quando i locali della ex merenderia non sono stati affidati prima ai gestori del Progetto “Never Neet-Giovani in Fermento” e poi alla Protezione Civile, quei locali erano utilizzati come dimora provvisoria, con tutto ciò che comporta la presenza umana in locali non destinati ad abitazione (per esempio l’accumulo di rifiuti o atti di vandalismo). Per un certo periodo, durato mesi, anche la storica fonte del Cantar poteva vantare un inquilino, che alla sua dipartita ovviamente ha lasciato lì e tutt’attorno le sue cose. Lo sanno bene quelli della cooperativa sociale Ecotoni cosa c’è voluto per bonificare l’intera area e renderla nuovamente fruibile ai visitatori! Se qualcosa si fa, lo si fa riferendosi alla Caritas, la quale Caritas però non dovrebbe essere il tapabucchi della mancanza di servizi, perché questo porta a forme di deresponsabilizzazione da parte degli Enti locali per un verso, e a una distorsione dei servizi di volontariato dall’altra, seppur legati alla Chiesa. A parte il fatto che si sbaglia l’approccio, tipicamente assistenzialistico. Cosa fare? Emerge la necessità che anche il nostro Comune si doti di una casa d’accoglienza per persone senza fissa dimora, senza tetto o che si trovano in situazione di grave marginalità sociale. Una struttura cioè che sappia intercettare un certo tipo di bisogni e li risolva innanzitutto riconoscendo la dignità di ogni persona, senza giudizio o pregiudizio. Non è necessario fare grandi strutture, anzi se ci si fosse affrettati a recuperare la struttura di Casa Serena e riportarla alla sua funzione originale, sicuramente un locale poteva facilmente essere adibito allo scopo, garantendo i servizi essenziali tipo un posto letto, dei servizi igienici, una doccia, un servizio mensa, indumenti puliti ecc. Non solo: una casa d’accoglienza permette di poter avvicinare le persone che necessitano del servizio, di poter programmare delle misure di accompagnamento o di sostegno psicosociale, se non addirittura di vera e propria cura della salute. Permette di poter misurare un certo tipo di bisogno e stabilire così i nuovi indirizzi di tipo socioassistenziale, aggiornando metodi, procedure e stili relazionali. Proprio in questi giorni il Comune di Oristano ha inaugurato l’apertura del nuovo dormitorio pubblico, di fatto una casa d’accoglienza per persone in difficoltà, portando la capacità a 14 posti letto. E’ gestito da una rete di associazioni del terzo settore ma il fatto che sia pubblico denota l’importanza che viene riconosciuta al servizio, collegato al PLUS territoriale. Penso che anche ad Alghero sia necessario maturare un nuovo approccio alle problematiche sociali, assai di più è necessario sviluppare un nuovo modo di essere comunità e comunità solidale. La rete dei servizi è fondamentale, compresa una casa d’accoglienza, perché ci permette di rispondere con immediatezza ad un bisogno e di poter pianificare gli interventi in modo mirato. Nessuno di noi vorrebbe trovarsi in certe situazioni, questo vuol dire che neppure chi ci si trova ha scelto quel tipo di vita. C’è una fragilità che ci appartiene per natura, e come tale dovrebbe interessare ogni responsabile delle politiche sociali, per far si che una vetrata rotta non sia solo l’atto convulso di un balordo. Dietro quel gesto c’è molto ma molto di più, forse un senso di comunità che si è perso, o forse una domanda di aiuto, o forse ancora un appello di giustizia sociale.

*cittadino algherese



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