Carlo Mannoni
6 maggio 2024
L'opinione di Carlo Mannoni
Tutela del territorio Illusioni e speranze
Il disegno di legge dal titolo “Misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio, dei beni paesaggistici e ambientali”, da poco approvato dalla giunta regionale nel tentativo di fermare l’invasiva speculazione sul territorio sulle energie rinnovabili, è un’iniziativa politico-istituzionale doverosa, ma quali i risultati attesi? Il testo normativo parla di “divieto di realizzare nuovi impianti” per un periodo di 18 mesi in attesa del nuovo Ppr sulle aree interne, esteso non solo alle procedure in corso ma anche agli interventi muniti delle prescritte concessioni e autorizzazioni. Si tratta, in concreto, di due moratorie, una addirittura riferita alle iniziative già autorizzate (al di fuori di qualsiasi parametro di legittimità costituzionale), non ammesse dall’articolo 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021 per il quale “nelle more dell'individuazione delle aree idonee, non possono essere disposte moratorie ovvero sospensioni dei termini dei procedimenti di autorizzazione”. Secondo i pronunciamenti anche recenti della Corte Costituzionale, derogare a tale norma significa violare i principi fondamentali della materia concorrente tra Stato e Regioni “produzione, trasporto e distribuzione dell’energia” di cui all’articolo 117, terzo comma, della Costituzione e all’articolo 4, primo comma, lettera e), dello Statuto speciale per la Regione Sardegna, desumibili dal complesso delle norme statali emanate a partire dalle disposizioni sull’autorizzazione unica del decreto legislativo n. 387 del 2003. Le norme contenute nel decreto legislativo n. 199 del 2021 - emanato dallo Stato in esecuzione di specifici obblighi contratti con la UE - hanno congegnato un sistema di difficile aggiramento da parte delle Regioni e la strada davanti alla Corte Costituzionale è più che ardua, almeno sino a quando l’interesse nazionale in materia di energia verrà ritenuto prevalente, senza limiti, su quello delle Regioni. La motivazione “forte” della giunta regionale proponente il disegno di legge è l’utilizzo dell’argomento “Ppr per le aree interne” come strumento idoneo a bloccare urgentemente, in previsione di definire i siti paesaggisticamente delicati e quindi intangibili, la mole di investimenti che si stanno riversando, praticamente incontrollabili, sul territorio. L’argomento Ppr è suggestivo ed evocativo per il richiamo all’allora vincente legge regionale salvacoste (n. 8 del 2004) che bloccò d’urgenza gli interventi negli ambiti costieri per 18 mesi in attesa dell’approvazione del Piano paesaggistico regionale del 2006, il cui modello si vorrebbe ripetere per l’eolico, commettendo un grosso errore. Chi ha buona memoria ricorderà la quasi rivolta di ampi settori della società sarda contro quello strumento che per loro violava l’articolo 41 della costituzione sulla libertà dell’iniziativa privata. Per la prima volta, però, si scoprì in Sardegna nel comune sentire che eravamo “padroni” del nostro paesaggio, che il nostro Statuto ci tutelava assegnandoci nella materia la competenza primaria e che lo stesso paesaggio era tutelato come “bene fondamentale” non commerciabile dall’articolo 9 della Costituzione. Un risultato che resta scolpito nella storia dell’autonomia sarda, quasi una rivoluzione. Di tale valore, ora pienamente acquisito dalla nostra cultura, si percepisce oggi l’essenzialità nel pieno della speculazione energetica, come nel 2004 per quella urbanistica costiera. Ma riproporre oggi lo strumento della “legge salvacoste” per la vertenza sull’eolico selvaggio, ribattezzato non a caso “legge salva Sardegna”, è velleitario e foriero di facili disillusioni postume. Il Ppr per le aree interne attende di essere approvato dal 2009 (quindici anni di ritardo, per dare il senso del tempo trascorso), e non si possono invocare motivi di “eccezionale urgenza” per bloccare gli investimenti in attesa di uno strumento che ben 3 giunte regionali non hanno approvato. Nel 2004 la giunta regionale fu più che tempestiva perché attuò le disposizioni del decreto legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004 (Codice del paesaggio) entrato in vigore solo da alcuni mesi. Inoltre, mentre nel 2004 l’unico interesse contrapposto all’iniziativa politica della Regione era quello degli investitori sulle aree costiere, la Regione d’oggi si trova a contrapporsi all’interesse dello Stato (paradossalmente coincidente con quello speculativo degli investitori nelle energie rinnovabili), assai robusto per il marchingegno di difficile manomissione costruito con l’articolo 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021, e più che tutelato per i connessi obblighi con l’Unione Europea per raggiungere la decarbonizzazione entro l’anno 2030.
*Carlo Mannoni
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