red
21 aprile 2004
E-Commerce, dopo la crisi, si corre al carrello
Tra i siti di e-commerce prevale l’ottimismo. Non sfrenato e drogato come quello di alcuni anni fa. Sembra che le vendite, anche se timidamente, stiano aumentando
Il dato emerge da un’indagine condotta da ClubPMI su un campione di 300 e-shop. Le buone notizie non finiscono qui. Si è evoluto il consumatore nei suoi acquisti, ma soprattutto nasce una nuova figura professionale: il commerciante on line. Attento alle strategie di web marketing, ai mezzi di fidelizzazione, alle esigenze del cliente. Cosa è successo all’e-commerce? E’ arrivato finalmente, se non il periodo delle vacche grasse, quello del bicchiere mezzo pieno. Difatti anche se, dall’indagine condotta da www.clubpmi.it su 300 e-shop medio-piccoli, non sono saltati fuori dei nuovi Jeff Bezos (Amazon.com), fa capolino tra gli operatori un deciso ottimismo (76%). Non a caso sono risalite (26%) le nuove aperture di siti di e-commerce dras ticamente ridotte negli anni bui 2001/2002. All’aumento ha sicuramente contribuito l’espansione massiccia di internet e l’ingresso di nuovi potenziali clienti (ormai siamo arrivati a 14 milioni).
“Prima o poi dovranno comprare!” affermano un po’ tutti gli operatori. A ragione, considerando che un altro dato emerso dall’indagine è quello della fiducia. Sembra che il tempo abbia giocato a favore delle transazioni on line e la parte del leone la fa proprio la carta di credito. Il cliente non ha più paura e definisce ormai questo mezzo di pagamento molto sicuro (54%).
La novità non arriva dal cliente ma da chi ha scelto di vendere on line piuttosto che su strada. Chi è? Cosa vende? Come ha successo? Malgrado il sud rimanga il fanalino di coda con il 24% dei casi (Bari 3.5%, Napoli 4,8% Palermo 1,4%), Roma emerge con l‘11% dietro Milano con il 15%.
Dall’indagine poi risulta che il numero più consistente di negozi on line vende alimentari (20%). Ma saremmo lontani se raffigurassimo colui che vende su internet salami, vino e formaggi come il classico norcino con la penna sull’orecchio. Ormai si è evoluto. Non sa riconoscere solo la qualità e la stagionatura di un prodotto ma entra, con altrettanta competenza, nel merito delle sue strategie di web marketing, dei motori di ricerca, delle statistiche e dei rapporti di conversione tra utenti passivi e attivi.
Dal questionario e dalle successive richieste di informazioni anche verbali che hanno completato la nostra indagine è emerso un dato sorprendente. A differenza dei pionieri che qualche anno fa realizzavano il loro sito di e-commerce con idee confuse, con molti sogni e pensando che era sufficiente avere i loro prodotti su internet per venderli, oggi chi opera on line ha cambiato registro. I sogni sono spariti e al loro posto si è sostituita una sana visione commerciale dell’attività.
Chi ha successo (il 43% del campione come nel caso di volendo.com, wineshop.it, knolljunior.com, prontospesa.it, italiasalute.it, che in media ogni mese hanno un indice di acquisto dell’1,5%) utilizza per il 93% il posizionamento nei motori di ricerca, 96% newsletter, 92% contenuti editoriali, 70% email marketing, link popularity, viral marketing, web marketing a fronte di percentuali più basse per i restanti casi (posizionamento 52%, newsletter 18%, contenuti editoriali 19%, email marketing 25%).
Così questi mezzi sono entrati in diversa misura nel bagaglio di conoscenze di una nuova figura professionale “il commerciante on line”. Per intenderci quello tosto, da far invidia (si fa per dire) al programmatore che sta sul computer 16 ore al giorno.
Da buoni commercianti hanno cominciato a capire che solo facendo attenzione a cosa vuole il cliente, al suo comportamento, come e dove cercarlo, al modo in cui fidelizzarlo è possibile vendere su internet. Soprattutto il negozio on line bisogna seguirlo, lavorarci e faticarci come in quello tradizionale. Insomma, che dire, abbiamo scoperto l’acqua calda. O meglio quello che poteva suggerire il buon senso: con internet non si vive di rendita.
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