Alessandra Cau
16 gennaio 2024
Cortellesi al cinema: Canteremo a bocca chiusa
«Nonostante la mia giovane età, omuncoli ne ho incontrato, purtroppo anche io. Omuncoli che hanno leso la mia libertà non facendomi sentire al sicuro: sul bus, per strada, in discoteca, in stazione»
ALGHERO - Ho 24 anni, sono una donna e il 4 gennaio sono andata al cinema Miramare di Alghero da sola per lo spettacolo delle 21. Ma perché specificare l’orario e il fatto che fossi sola? Non sono andata a vedere un film qualsiasi, ma “C’è ancora domani” di Paola Cortellesi, un film che parla di tutti noi, donne e uomini, e anche di me. Non ho dovuto chiedere il permesso a nessuno per uscire da sola, né a mio padre, né ad un “uomo”, questa parola è tra virgolette non a caso, perché un “uomo” a cui una donna deve chiedere permesso, non può essere definito tale, omuncolo sarebbe più appropriato. No, questa non è una dissertazione contro il genere maschile, anzi, posso solo celebrare gli Uomini che mi hanno circondato nella vita fin ora. Eppure, nonostante la mia giovane età, omuncoli ne ho incontrato, purtroppo anche io. Omuncoli che hanno leso la mia libertà non facendomi sentire al sicuro: sul bus, per strada, in discoteca, in stazione.
Omuncoli che mi hanno fatto proposte sconvenienti solamente per aver chiesto un favore. Omuncoli con cui non mi sono azzardata a reagire per paura di ripercussioni fisiche e psicologiche, quindi scrivo, rigorosamente senza fare nomi. Omuncolo è anche il mio vecchio professore di filosofia del liceo, che non è in grado di dire una frase di senso compiuto che non sia sessista e omofoba per più di un quarto d’ora. Nonostante sia andata al cinema a piedi, da sola, di notte, non ho avuto paura nella mia città, benché non sia esente da femminicidi. Per questo mi sento una privilegiata, perché non tutte possono dire lo stesso. C’era la fila per fare il biglietto fuori dal cinema e la sala, come testimonia la foto, era piena, nonostante questo film sia rimasto nelle sale più di quanto sarebbe stato concesso normalmente. Pensavo di essere rimasta solamente io a non averlo visto, e invece. Mi pento di non aver trovato il tempo di andare a vederlo prima.
Le donne, spesso si attaccano alle parole che si utilizzano perché una lingua definisce i nostri pensieri, una lingua in cui non esiste il femminile non concepisce che un determinato ruolo possa essere ricoperto da una donna, ma non solo in ambito professionale. Questo nel 2024 è inaccettabile. La lingua influisce sulla nostra visione del mondo, lo costruisce, lo definisce nel bene e nel male. Se non fosse chiaro, le parole sono importanti, possono tagliare come lame, accarezzare dolcemente e anche far acquisire diritti. È giusto rivendicare il proprio sesso quando in Parlamento ci si riferisce ancora alle donne con un appellativo maschile, piuttosto che quello femminile, esistente da secoli per altro. Ma questa non è una lezione di linguistica generale. Ho detto cosa non è questo scritto, ora dico cosa è: è un elogio alle donne che mi hanno permesso di vivere in un mondo più giusto ma non ancora egualitario. È un elogio alle donne che hanno lottato perché studiassi, possibilità preclusa alle mie nonne. È un elogio alle donne che hanno lavorato inconsapevolmente e gratuitamente occupandosi della famiglia e della casa per una vita intera.
È un elogio a chi è scevro da pregiudizi di genere, a chi non chiede durante un colloquio di lavoro se una donna ha intenzione di diventare madre, a chi non assume solamente -anta, perché del sessismo e del patriarcato anche le donne sono vittime silenti di una società che le ha sempre portate a pensare di non essere abbastanza. È un elogio alle donne che oggi lottano ancora per diritti considerati banali, come essere libere di non portare un pezzo di stoffa sul volto. È un elogio alle donne che hanno esercitato il loro diritto di voto quel 2 giugno del 1946, ancor di più se senza il consenso del proprio marito, donne che hanno deciso per loro stesse, e per le generazioni future, di essere libere. È un elogio a questo film e a Paola Cortellesi che lo ha ideato. Forse ha avuto un successo straordinario perché il pubblico era finalmente pronto ad accoglierlo. Sono nata l’8 marzo, mi piace pensare che non sia un caso, anche se a queste ricorrenze non credo molto, perché un giorno all’anno non basta. C’è ancora domani per essere migliori tutti, senza eccezioni, uomini e donne, piccoli e grandi, giovani e vecchi, perché in questo caso non c’è un noi o un loro, ma una massa indistinta di umanità. Perché non staremo zitte/i, ma “canteremo anche a bocca chiusa, guarda quanta gente c’è che sa rispondere, dopo di me, a bocca chiusa”.
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