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2 novembre 2023
Bosa, il gioiello della Planargia
Considerato uno dei borghi più belli d’Italia, Bosa ha un’antica storia alle spalle con tradizioni culturali ed enogastronomiche che si perdono nella notte dei tempi.
Nel 2014 arrivò al secondo posto nella competizione televisiva lanciata dalla trasmissione di Rai3 “Il Kilimangiaro”, programma che vedeva in gara ben venti tra i borghi più belli d’Italia. Stiamo parlando di Bosa, gioiellino architettonico fiorito sul fondo della valle del Temo, in prossimità della foce attraverso la quale il fiume si immette in mare. A 46 chilometri da Alghero, raggiungibile dal centro catalano percorrendo la Strada Provinciale 49, il turista più esigente non può farsi scappare una visita ad un borgo così affascinante e ricco di storia, con acque così belle e cristalline da aver meritato anche nel 2023 le cinque vele blu assegnate da Legambiente nella sua particolarissima classifica. Conosciuta già in età fenicia, la cittadina divenne municipio durante l’età imperiale romana; lo dimostrano alcuni ritrovamenti marmorei rappresentanti Giove, Dionisio ed Ercole, nonché un’epigrafe e statuette d’argento che raffigurano le effigi di importanti imperatori. Nel periodo medievale Bosa divenne sede episcopale ed entrò a far parte del territorio del Giudicato di Torres, innalzando l’importanza del suo porto tra i più rilevanti del nord-ovest dell’isola. Per tale motivo, ben presto entrò a far parte delle principali vie di scambio nei traffici marittimi delle potenze commerciali del Mediterraneo: quali pisani, genovesi e marsigliesi. Un momento di notevole importanza nella storia bosana è quello che segna l’edificazione del castello sul colle di Serravalle da parte della nobile famiglia toscana dei Malaspina, avvenuto intorno alla seconda metà del 1200.
I viaggiatori che giungono nel centro della Planargia possono effettuare la visita alla “Bosa medievale”, esplorare il castello, la Cappella palatina e la chiesa romanica di San Pietro acquistando il biglietto unico che permette di usufruire di una tariffa agevolata.. La chiesa di San Pietro è aperta al pubblico dal mese di aprile ad ottobre, tutti i giorni escluso il lunedì. Nei mesi autunnali ed invernali si procede per prenotazione e per gruppi di almeno 20 persone. La Cappella palatina, denominata Nostra Signora de Sos Regnos Altos, situata all’interno del castello dei Malaspina, presenta una serie di affreschi del XIV secolo commissionati ad artisti toscani da Giovanni d’Arborea, l’allora signore di Bosa e Monteacuto. La fortezza, situata a circa ottanta metri di altitudine, domina il centro abitato e funge da belvedere, donando un panorama mozzafiato con la lunga fila di palazzine delle concerie affacciate sulla sponda sinistra del fiume Temo. Si tratta di un incredibile esempio di archeologia industriale divenuto icona di questo territorio. “Sasa Conzas”, le antiche manifatture dove si lavoravano le pelli,furono chiuse negli anni ’60, ma nel 1989 sono state dichiarate monumento nazionale. Oggi ospitano il “Museo delle Conce”, nel quale si possono osservare gli strumenti utilizzati dai conciatori durante la lavorazione delle pelli animali, soprattutto quella della “vacchetta”, ricercata dai rilegatori di libri ed esportata nel resto d’Italia. Il museo è aperto da martedì a domenica dalle ore 10,00 alle 13,00 – dalle 15,00 alle 19,00.
Chi visita Bosa nei mesi invernali non può esimersi dalla partecipazione alla tradizione ultrasecolare del “Karrasegare osincu”, il Carnevale bosano. Tra gli eventi più importanti citiamo la sfilata di Gioggia Laldaggiolu, nella quale uomini con il volto scuro, annerito dalla cenere dei tappi di sughero bruciacchiati, si recano agli usci delle case alla ricerca di qualcosa da mangiare. Il cibo donato viene infilzato con un bastone e il cammino porta a porta riprende per tutta la serata. Alla successiva sfilata del giovedì grasso, con carri allegorici e la popolazione mascherata, segue il giorno delle cantine in cui i produttori di vini offrono da bere e cibi tradizionali ai passanti. L’epicentro dell’evento carnevalesco resta il martedì grasso quando, già dalla mattina, con “S’Attittidu” i partecipanti, mascherati con abiti da donna in lutto, fingono di piangere la morte imminente di Gioldzi sottoforma di neonato portato in braccio. Si piange la fine del Carnevale e per farlo sopravvivere ancora per qualche ora si cercano tra la gente donne disposte ad allattarlo, chiedendo “unu tikkirigheddu ‘e latte” tra le risate ed il divertimento di tutti. In queste incandescenti giornate di puro divertimento vengono messe in risalto alcune delle principali produzioni vitivinicole del territorio bosano. Tra queste, la più importante è la Malvasia di Bosa Doc, un vino molto antico che racchiude in sé la storia delle genti che hanno abitato per secoli la Planargia, dal Temo al Montiferru. La tradizione vuole che la provenienza della Malvasia sia addirittura riferibile alla città di Monenvasia, una centro abitato del Peloponneso conquistato nel XIII secolo dagli uomini della Repubblica di Venezia, nel quale si produceva un vino di grande pregio e di sapore unico. I mercanti veneti importarono i vitigni che ben presto vennero trapiantati in tutto il Mediterraneo, arrivando anche in Sardegna e quindi nella cittadina di Bosa.
realizzato in collaborazione con la Regione Autonoma della Sardegna, Assessorato del Turismo, Artigianato e Commercio.
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