ALGHERO - Nuova ondata di "popolarità" per il Parco Regionale di Capo Caccia-Isola Piana ad Alghero e di riflesso per Punta Giglio, il fantastico e incontaminato promontorio ormai al centro negli ultimi anni di infinite discussioni e mire speculative di diversa natura. A focalizzare l'attenzione è oggi l'intervento voluto dai vertici di Casa Gioiosa sulla falesia: milioni di euro per "imbrigliarla" ai desiderata del cosiddetto progresso. A puntare i riflettori sui programmi del Parco è lo zoologo
Ferdinando Boero, già professore al Federico II Napoli, ricercatore Cnr e Szad, che sul
Fatto Quotidiano analizza quanto sta accadendo nel territorio algherese già ZPS (Zona di Protezione Speciale) e ZSC (Zona Speciale di Conservazione), entrambe inserite nella Rete Natura 2000 dell’UE, la rete di aree protette sancite a livello europeo e gestite dalle regioni.
«Le falesie sono il frutto di erosione ed è normale che si stacchino massi dalle loro pendici, proprio come avviene sulle Dolomiti. Già, ma sotto la Falesia di Punta Giglio i turisti nautici amano sostare per fare un bel bagno ed è programmato un campo boe dove le imbarcazioni possano essere ormeggiate senza dover gettare l’ancora». Boero, in un parallelismo con le Dolomiti e la costa del Salento, analizza l'ultimo progetto dei lavori di cosiddetta "mitigazione" per rischio frana, propedeutici al posizionamento, tutt’intorno al promontorio, di 15 boe per l’attracco di unità nautiche per immersioni e altri mezzi di trasporto collettivo.
«Nessuno ha chiamato l’ambulanza e il progetto si farà» scherza ironicamente il professore. «Sono favorevolissimo ai campi boe e anche al turismo nautico ma, con tutto il Mediterraneo a disposizione, bisogna andare proprio sotto le falesie di Punta Giglio» domanda Ferdinando Boero sul
Fatto. «Basterebbe mettere una serie di piccole boe per indicare il tratto soggetto a frana, in modo da avvertire che lì non si deve andare, a causa della naturale caduta di massi. Si tratterebbe di un OECD (Other Effective Conservation Measure): una misura che, indirettamente, contribuisce alla conservazione efficace, visto che nella zona per noi pericolosa non si possono mettere in atto attività antropiche di ogni tipo e, quindi, l’ambiente viene lasciato in pace».