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Cor 13 luglio 2023
Cultura ed arte del corallo nella storia di una città
Ad Alghero quella con il corallium rubrum del Mediterraneo è una simbiosi che si perde alle origini della sua fondazione
Cultura ed arte del corallo nella storia di una città

Se c’è un particolare che ad Alghero non passa inosservato sono proprio le origini culturali dell’intera comunità. L’architettura del centro storico rappresenta, in tutto il suo pregio, la radice storica della Catalogna e la peculiarità linguistica ancora arricchisce il parlato comune, ma c’è un aspetto non secondario che viene associato costantemente al territorio: la lavorazione del corallo. Lo si evince già dal nome che accompagna Alghero: quel “Riviera del Corallo” che non lascia dubbi sul prodotto artigianale per cui il territorio è conosciuto in tutto il mondo. La simbiosi tra la città ed il “corallium Rubrum” nasce molti secoli fa e, come molti altri aspetti della storia algherese, ha sempre a che fare con la Spagna e precisamente con la corona d’Aragona.

Innanzitutto è bene specificare che stiamo parlando del corallo rosso del Mediterraneo, un prodotto che ha una qualità altissima e che raggiunge delle tonalità di colore naturale difficili da associare con specie simili presenti in altre parti del mondo. Il corallo è un animale che vive in colonie formate da migliaia di microscopici polipi. Questi animaletti, appartenenti alla classe degli Antozoi, secernono una sostanza calcarea in cui vivono e si riparano, ed è proprio questo scheletro di particolare durezza che da sempre viene ricercato dai pescatori per la fabbricazione di una ricca varietà di gioielli. Il corallo per vivere ha bisogno di condizioni marine molto particolari ed è per tale motivo che le zone in cui prolifica sono ben delineate, questo è stato sempre un vantaggio per i pescatori ed uno svantaggio per la specie, in quanto l’abnorme raccolta avvenuta nei decenni passati ne ha sensibilmente ridotto il numero. Se poi si aggiunge il fatto che cresce molto lentamente, ad una media che varia da 0,25 a 0,66 millimetri all’anno, si può capire il pericolo che corre la specie in presenza di una pesca priva di regole.

Nella Rivera del Corallo è sempre stato numeroso nelle acque antistanti le località di Porto Conte, Punta Giglio e Capo Caccia, all’interno del sistema di grotte sommerse e lungo gli strapiombi del fondale marino, ovvero nel bel mezzo dell’area marina protetta Capo Caccia-Isola Piana. Per tale motivo solo i corallari certificati possono accedere ai siti di raccolta, previa autorizzazione ed una limitazione nella quantità e nel periodo dell’anno. La pesca può essere effettuata in immersione e con il solo ausilio di una piccozza, al contrario di ciò che accadeva intorno alla fine degli anni ’80, quando l’uso della “tecnica dell’ingegno” ne aveva messo in pericolo la sopravvivenza. L’ingegno era una struttura in legno, di origine araba, alla quale erano legate delle reti, veniva fatto strisciare sul fondale per strappare i rami di corallo che ne restavano impigliati, ma durante questa rozza ed invasiva tecnica di pesca la devastazione dell’intero ecosistema era assicurata, per tale motivo fu messa al bando in tutto il territorio italiano.

Dicevamo del legame tra l’oro rosso e la Spagna, connubio nato intorno alla prima metà del 1300, allorché gran parte dell’isola cadde sotto il dominio degli Aragonesi. Gli spagnoli, dopo la conquista di Alghero, stabilirono di diritto la pesca del corallo da Capo Mannu, promontorio a nord del Golfo di Oristano, all’isola dell’Asinara. Per sancire l’importanza economica di questo prodotto, nel 1375 il re Pietro IV stabilì che l’emblema della città di Alghero fosse formato da quattro pali rossi in campo d’oro e più in basso il ramo di corallo emergente dal mare. Uno stemma che sanciva quanto fosse preziosa tale risorsa per la ricchezza del territorio. Anche l’attuale stemma comunale cittadino, sebbene modificato nel tempo, viene raffigurato con i colori della Catalogna e nella parte inferiore uno scoglio in campo azzurro sormontato da un ramo di corallo rosso.

Alla pesca dell’oro rosso è naturalmente associata la lavorazione artigianale di quest’ultimo che incomincia già alla fine del 1300, con piccoli laboratori in cui operavano anche artigiani provenienti da Marsiglia, luogo privilegiato per portare avanti la gran parte della produzione. A metà del 1500, campani e siciliani presero possesso del settore economico legato alla pesca del corallo ed il settore artigianale venne drasticamente impoverito, spostando l’attività manufatti era verso Torre del Greco e Trapani. Bisogna arrivare a tempi più recenti per registrare un incremento di interesse nel miglioramento dell’artigianato locale. Il 1959 è l’anno che vede la nascita ad Alghero della Scuola d’Arte con annessi laboratori per l’insegnamento della lavorazione del corallo. A causa della presenza sul mercato di corallo di scarsa qualità e di dubbia provenienza , nel 2016 si è cercato di tutelare la produzione locale con l’istituzione di un marchio ad hoc. Il Marchio Corallium Rubrum è stato scelto tra i tanti esecutivi proposti nel concorso di idee bandito dall’amministrazione comunale per difendere l’autenticità del prodotto. Attualmente i laboratori orafi ed i negozi di corallo che espongono in vetrina il marchio, realizzato dall’art director algherese Giovanni Murgia, aderiscono al progetto di rispetto e valorizzazione dell’intera filiera.

realizzato in collaborazione con la Regione Autonoma della Sardegna, Assessorato del Turismo, Artigianato e Commercio



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