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6 luglio 2023
Il Parco Archeologico del territorio di Alghero
Ai visitatori viene messa a disposizione una conoscenza ancestrale che spazia dal villaggio nuragico di Palmavera alle necropoli neolitiche di Anghelu Ruju e Santu Pedru
La città di Alghero è da sempre famosa per la peculiarità culturale che la contraddistingue, essendo passata sotto il dominio catalano nel lontano 1354, dopo un lungo assedio durato diversi mesi. Fu il Re d’Aragona Pietro IV detto il Cerimonioso, infatti, che fece deportare la popolazione della città, rimpiazzandola con i coloni giunti dalla Catalogna, una vera e propria sostituzione etnica che ha dato il via ad un’enclave spagnola nel territorio sardo. Ma il territorio della Riviera del Corallo offre anche una notevole varietà di siti archeologici molto più antichi, che spaziano dal periodo neolitico a quello romano, tutti di grande interesse culturale e di forte impatto visivo. Gran parte degli scavi si sono sviluppati a partire dagli anni ’70 fino a raggiungere i nostri giorni, ad esempio l’ultima campagna di scavi finita nel 2019 nel complesso nuragico di Palmavera.
Il complesso nuragico di Palmavera (nella foto) è situato a soli 12 chilometri dal centro della città e, soprattutto dopo le campagne di scavi risalenti all'inizio degli anni '90, può essere considerato tra le costruzioni meglio conservate dell'isola. Posizionato in prossimità della strada statale 127 bis, in direzione di Porto Conte, è datato intorno al 1600 avanti Cristo, ma la sua evoluzione costruttiva è continuata fino all’VIII secolo avanti Cristo, con l’edificazione di un muro esterno al complesso. Sono presenti due torri, una più grande che raggiunge l’altezza di 8 metri e una secondaria più piccola, la cui copertura a tholos è purtroppo crollata nel tempo. La struttura si presenta su due livelli e al piano superiore si poteva originariamente accedere con delle scale a pioli. Il nuraghe è circondato dalle basi in pietra delle antiche capanne che si estendevano tutt'intorno, tra questa anche “La Capanna delle Riunioni”, una costruzione con diametro interno di oltre 8 metri, utilizzata per l’adunanza degli elementi di spicco della tribù. Particolare non da poco, la presenza al centro della camera di un modellino in pietra di nuraghe, anche se si tratta di una copia, in quanto l’originale è stato traslato nel vicino museo archeologico Sanna di Sassari.
La necropli di Anghelu Ruju si trova sulla Strada dei Due Mari, la strada provinciale 42, in direzione dell'aeroporto e di Porto Torres. Il sito è costituito da 38 tombe, grotte artificiali scavate nell'arenaria tra il 3500 e 1800 avanti Cristo. Le domus de janas sono suddivise in due tipi contraddistinti dal diverso modo costruttivo: le più antiche furono scavate nel terreno seguendo la tecnica a pozzo, denominata “domus”, mentre le più recenti, denominate “a dromos”, sono disposte a T oppure a raggiera con entrata diretta attraverso un breve corridoio. Erano tombe che all’esterno venivano chiuse con delle pietre appositamente lavorate nella forma, mentre internamente ospitavano sepolture multiple con i corpi deposti in posizione supina, anche se sono stati trovati dei resti in posizione rannicchiata o fetale. Durante gli scavi gli archeologi hanno rinvenuto diversi tipi di oggetti che i defunti erano soliti portare con sé in vita, monili costituiti da pietre e conchiglie, suppellettili quali vasi e piccole statuine rappresentanti la dea madre, ma anche armi utilizzate all’epoca. Per l'importanza del ritrovamento, scoperto casualmente durante dei lavori nel lontano 1903, il complesso di Anghelu Ruju è stato inserito nella lista dei siti archeologici da candidare come patrimonio Unesco.
La necropoli rupestre di Santu Pedru, è un complesso di tombe poste sul versante dell’omonimo monte in trachite situato lungo la strada per Ittiri, sulla sommità del quale sono stati rinvenuti i resti di un villaggio e un nuraghe monotorre. Il sito prenuragico, scoperto molto recentemente nel 1959, durante i lavori di costruzione dell’acquedotto di Alghero, venne portato alla luce dall'archeologo Ercole Contu che ne documentò l’enorme importanza nel contesto della preistoria sarda. La necropoli è formata da dieci vani sotterranei, detti ipogei, e meglio conosciuti in Sardegna con il nome di “domus de janas”, di cui solo uno è visitabile previa prenotazione. Nella necropoli sono stati trovati molti reperti che, dopo il necessario intervento di restauro, ora si possono osservare nel Museo archeologico Sanna a Sassari. Si tratta di 447 ritrovamenti di ceramiche che componevano vasi a calice e di forma emisfrica. Tra le dieci domus de janas, la più importante è senza dubbio quella che fu catalogata con la denominazione “tomba I”, costituita da una struttura architettonica in cui sono presenti dei gradini, pilastri, un falso architrave e delle cornici, il tutto scavato nella roccia con rudimentali strumenti in pietra. In questo ipogeo si possono inoltre osservare tracce di ocra rossa, di cui erano dipinte le pareti, e simboli religiosi come le incisioni a rilievo della testa di un toro (protome taurina) e la falsa porta, una rappresentazione simbolica del passaggio nell’oltretomba, accesso attraverso il quale lo spirito del defunto lasciava la dimensione terrena. Sempre nella stessa grotta sono stati trovati i resti dei “vasi tetrapodi”, unici reperti di questo genere fino ad oggi scoperti in tutta l’isola.
Oltre a questi tre eccezionali complessi archeologici presenti nel territorio comunale di Alghero, i visitatori possono spostarsi verso l’entroterra per conoscere altri siti di estrema importanza come il Tempio di Monte d’Accoddi, nelle vicinanze di Porto Torres ed il parco archeologico di Nuraghe Appiu a pochi chilometri da Villanova Monteleone.
realizzato in collaborazione con la Regione Autonoma della Sardegna, Assessorato del Turismo, Artigianato e Commercio
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