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Carlo Mannoni 13 maggio 2023
L'opinione di Carlo Mannoni
Il bar sulla falesia
<i>Il bar sulla falesia</i>

Il signor tal de' tali decise, un giorno, di aprire un bar. Aveva letto e riletto il piano del commercio della sua città e ne aveva dedotto che poteva farlo ovunque e senza necessità di alcuna autorizzazione. Così dicevano la legge e i regolamenti comunali. Sin qui nulla di straordinario, ma il fatto clamoroso fu che il bar lo avrebbe realizzato sulla falesia a picco sul mare, una delle zone più belle e più delicate del territorio comunale, aperta a scenari da sogno. Avrebbe restaurato un vecchio fabbricato, adottato dalla comunità locale come un santuario laico testimone di ricordi di una guerra passata, da lui acquisito non si sapeva come, a cui nessuno aveva mai pensato di attribuire un valore economico, "ponendolo a reddito", come era d'uso dire. Al comune ci avevano discusso a lungo sul regolamento commerciale e si erano adeguati alle liberalizzazioni delle attività del commercio volute a suo tempo dal ministro Bersani, nel nome del vecchio principio liberale per cui ciò che non è vietato è ammesso. Nella discussione era venuto fuori il problema del vasto territorio comunale compreso nel Parco naturale regionale, parti del quale di tale pregio naturalistico e paesaggistico da essere severamente tutelate e protette dall'attività (leggasi bramosia) dell'uomo.

Qualcuno, dotato di particolare puntigliosità e avvedutezza, aveva sollevato la questione, chiedendo che il regolamento si arrestasse esplicitamente alle soglie del Parco e che fosse rimesso ai piani di tale ente la decisione di ciò che si potesse o non si potesse fare all'interno del suo perimetro, in base al principio di precauzione che se qualcosa non è ammesso non può essere realizzato. I consiglieri comunali avevano fatto spallucce, rispondendogli che meno si fosse detto sulla materia, tanto meglio sarebbe stato. Ricevuta dal signor tal de' tali la comunicazione della prossima apertura del bar sulla falesia, i funzionari comunali rimasero più che sorpresi e non poco confusi per la temerarietà dell'iniziativa. Ma dopo alcuni approfondimenti dedussero che il proponente era sicuramente dotato di una certa genialità per aver scoperto l'uovo di colombo, ovvero l'aver visto ciò che nessuno aveva mai voluto vedere: un bar a picco sul mare in una zona bellissima e più che tutelata. Era l'inverosimile che si faceva realtà, come talvolta accade, e risposero che per loro il bar si poteva fare, perché se tra quelle mura ci avevano vissuto dei soldati ora potevano farlo anche dei civili.

C'erano però certi impedimenti di carattere naturalistico da sciogliere, per cui occorreva rivolgersi al Parco, signore assoluto sulle sue terre. Loro si sarebbero adeguati alle sue superiori determinazioni. Quando l'intraprendente personaggio si presentò al Parco con l'incartamento per la nuova intrapresa, il giovane funzionario da poco assunto che lo ricevette si affannò non poco alla ricerca, tra i polverosi faldoni, di quello relativo al Piano del Parco che avrebbe dovuto certificare l'esistenza in vita dell'ente. Fu una perdita di tempo perché in oltre vent'anni il piano non era mai stato approvato e chissà se lo sarebbe mai stato. Cercò allora nel teoricamente severissimo Piano di gestione della Zona di Protezione Speciale (Zps) dove sarebbe dovuto sorgere il bar, una sorta di libretto delle istruzioni voluto dall'Unione Europea su cosa fare e non fare nell'area, compresi i divieti alle attività umane stabili suscettibili di incidere negativamente sugli equilibri naturali del compendio. Il funzionario lesse e rilesse il piano proposto dal Parco e approvato dalla Regione ma, incredulo e più che sorpreso, non vi trovò alcun divieto che impedisse nella zona tutelata l'intrapresa commerciale annunciata. Ne dedusse che per il combinato disposto dalla norma Bersani e delle disattenzioni del Parco, chiunque avrebbe potuto aprire un bar senza autorizzazioni in una delle zone più tutelate e più belle del suo territorio. Nell'altro combinato disposto tra Comune e Parco, la falesia, con il suo compendio naturalistico e lo splendido mare a contorno, valeva tanto quanto un'anonima via del suo comune.

Il Signor tal de' tali poté, pertanto, aprire liberamente il suo bar in cima alla falesia e sin là sarebbe arrivato il circuito commerciale urbano, segno che nulla era precluso alla volontà dell'uomo dominatore della natura, come scritto nella Bibbia. Ne avrebbe guadagnato, in fama e notorietà, lo stesso Parco, si disse in giro, perché alla città mancava proprio quel bar, solo quello e non un altro. Uscendo dagli uffici, il protagonista di questa storia si sentì come Cecco Zalone nel film "Quo vado" ed esclamò tra sé e sé: "Ma questi sono del mestiere?". Decise così che, poiché tutto ciò che non era vietato era ammesso, avrebbe approfittato della bontà delle istituzioni e, oltre al bar, avrebbe aperto anche un ristorante e un piccolo albergo con un'offerta differenziata, compresa la celebrazione di matrimoni vista golfo e relativi ricevimenti, naturalmente eco sostenibili. Così avvenne e vi fu chi se ne compiacque non poco, chi se ne dolse assai e, infine, chi non se ne curò più di tanto, lasciando che il mondo camminasse da solo, come sempre aveva fatto.


* Racconto liberamente tratto da fatti conosciuti e realmente accaduti nella città di Alghero

*Scrittore algherese
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