Carlo Mannoni
8 marzo 2023
L'opinione di Carlo Mannoni
La Sardegna e l'autonomia tradita
Molti dei più giovani, parlo dei quarantenni in giù, ignorano che il nostro statuto di autonomia approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 prevede all’articolo 13 che “Lo Stato col concorso della Regione dispone un piano organico per favorire la rinascita economica e sociale dell'Isola”. Tale norma, assieme al riconosciuto principio dell’autonomia differenziata e rafforzata, fu un traguardo storico per la nostra regione alla quale, in ragione della sua arretratezza economica e sociale, vennero riconosciuti maggiori poteri di governo in diverse materie e attribuite maggiori risorse finanziarie. Tanti di quei giovani non sanno, inoltre, che in base a quella norma furono varati in Sardegna due poderosi Piani di Rinascita, il primo nel 1962, il secondo nel 1974, attuati con alterne fortune ed efficacia ma che indubbiamente diedero impulso a un innegabile avanzamento economico e sociale della nostra isola.
Agli stessi giovani bisognerebbe spiegare che l’articolo 13 dello statuto è ancora in vigore, e di esso avremmo bisogno per tentare di ottenere dallo Stato quelle risorse aggiuntive che ci consentano di superare, ad esempio, il gap con le altre regioni in termini di ferrovie, viabilità, continuità territoriale e servizi, nonché arrivare al “superamento degli svantaggi derivanti dall’insularità” come prevede la costituzione. A distanza di 75 anni dall’approvazione del nostro Statuto, temo però che quella norma rischi di trasformarsi, ora, in una triste lapide che indica un sogno e un ideale ormai defunto a cui occorre rinunciare per sempre.
Ci ha pensato il ministro leghista Calderoli col suo progetto di riforma sull’autonomia differenziata da concedersi alle regioni economicamente più forti e alle quali verranno attribuiti più poteri e cospicue risorse statali, sottratte ovviamente alle più deboli come la nostra. È vero che tutto ciò è previsto dall’articolo 116 della Costituzione, ma il Parlamento avrebbe dovuto prima definire con legge, sempre secondo la costituzione, articoli 117 e 119, le risorse finanziarie per garantire a tutti i cittadini, senza distinzione tra territori regionali, i “livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali” e istituire il “fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante”.
Il ministro leghista è stato preso da una gran fretta di attuare il suo progetto che privilegerà le Regioni del Nord con un’Italia sempre più spaccata in due e la nostra Regione gli è andata dietro acriticamente esprimendo ufficialmente, nella conferenza Stato-Regioni, il suo incondizionato parere favorevole. A parte il merito della questione, ovvero l’esplicita rinuncia della Regione stessa alle future risorse che le sarebbero spettate per norma statutaria e per costituzione, ciò che è politicamente riprovevole è che il Consiglio regionale, espressione del popolo sardo, sia stato volutamente ignorato dal presidente Solinas, che si è fatto rappresentare nel più alto consesso di confronto tra Stato e Regione da un assessore. Ne va della dignità del Consiglio regionale come istituzione e quella di ciascun consigliere regionale, a prescindere dalla collocazione e dal credo politico, quale rappresentante delle nostre comunità. Assolutamente imperturbabile il presidente del Consiglio regionale Pais, nonostante il ruolo ricoperto, davanti a questo eclatante esempio di autonomia tradita.
|