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S.A. 18 dicembre 2022
Pensionati sardi in piazza contro la Meloni
La mobilitazione organizzata dalla Uil Pensionati Sardegna è prevista domani, lunedì 19 dicembre, con inizio alle 9,30 in piazzetta Mercede Mundula a Cagliari
Pensionati sardi in piazza contro la Meloni

CAGLIARI - I pensionati sardi scendono in piazza contro l’iniquo blocco della rivalutazione delle pensioni previsto nella legge di Bilancio del Governo Meloni che, secondo i calcoli dell’ufficio studi del sindacato, porterà mediamente alle pensioni un taglio di 450 euro al mese. La mobilitazione organizzata dalla Uil Pensionati Sardegna è prevista domani, lunedì 19 dicembre, con inizio alle 9,30 in piazzetta Mercede Mundula a Cagliari. Secondo la compagine sindacale guidata da Rinaldo Mereu la manovra del Governo, invece di lottare contro l’evasione fiscale e favorire una maggiore equità sociale, finisce per aumentare ingiustizia sociale e diseguaglianze, generando povertà e lavoro precario.

«Il nuovo governo ha scelto di non rivalutare automaticamente le pensioni dall’’erosione del loro potere d’acquisto a causa dell’inflazione ed ancora una volta ha applicato la volontà di non voler assicurare, nel tempo, il rispetto di “adeguatezza e proporzionalità” dei trattamenti di quiescenza – evidenzia il segretario della UilP Sardegna Rinaldo Mereu -. Questo conferma la volontà del governo di voler far cassa non considerando la necessità di tutti i pensionati a preservare il potere d’acquisto delle proprie pensioni». Secondo la UilP Sardegna il Governo guidato da Giorgia Meloni ha messo al primo posto gli interessi e le esigenze finanziarie e di equilibrio di bilancio dello stato.

La Uil Pensionati ha simulato l’impatto che potrebbe avere anche in Sardegna il nuovo taglio sulla rivalutazione delle pensioni, così come sarebbe prospettato nella prossima legge di bilancio. Per la simulazione è stato utilizzato il nuovo meccanismo di rivalutazione con i tagli che, in base alle bozze di testo circolanti, dovrebbe essere presente nel disegno di legge di bilancio per il 2023. Questo nuovo meccanismo innanzitutto opererebbe il taglio della rivalutazione sull’intero importo della pensione, sostituendo il sistema a scaglioni di importo con quello per importi complessivi dei trattamenti. Si tratta di un sistema più penalizzante e meno equo, perché comporta un a riduzione dell’intero importo della pensione e perché introduce forti penalizzazioni per chi ha importi di poco superiori alle varie soglie.

Questo nuovo meccanismo prevederebbe la piena rivalutazione per le pensioni di importo fino a 4 volte il minimo; l’80% dell’inflazione per le pensioni complessivamente comprese tra 4 e 5 il minimo; il 55% dell’inflazione per le pensioni complessivamente comprese tra 5 e 6 volte il minimo; il 50% dell’inflazione per le pensioni complessivamente comprese tra 6 e 8 volte il minimo; il 40% dell’inflazione per le pensioni complessivamente comprese tra 8 e 10 volte il minimo; il 35% per le pensioni complessivamente superiori a 10 volte il minimo. Il trattamento minimo Inps è oggi pari a 525,38 euro mensili lordi.

La mancata rivalutazione determinerebbe una vera e propria perdita di potere d’acquisto e quindi di valore delle pensioni con un danno che per una pensione di 2.600 lorde sarebbe quantificabile in circa 34,32 euro mensili, corrispondenti a 446,17 euro l’anno. Una pensione di 3.100 lorde (tra le 5 e le 6 volte il minimo) perderebbe invece 1.161,75 euro l’anno. Danno che da gennaio 2023 produrrà effetti sulla pensione per il resto della vita del pensionato. Infatti, ogni mancato aumento non ha effetti solo sull’anno di applicazione ma perdura per sempre sulla pensione diminuendone così in modo permanente il valore. Questo ulteriore depotenziamento si aggiunge quindi ai tagli, blocchi e congelamenti che dal 2011 (governo Monti) sono stati operati sulle pensioni fino al 2021, un decennio che ha impattato notevolmente sul potere d’acquisto dei pensionati con gravi danni che si moltiplicarono al crescere del costo della vita.



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