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30 settembre 2022
Barche a 100 metri dalle coste rocciose: così non va
Un operatore della nautica algherese, Daniele Pistidda, introduce alcune importanti riflessioni in riferimento all´obbligo di rispetto della distanza minima dalla costa nell’ancoraggio di natanti ed imbarcazioni
Prendendo spunto da vari articoli apparsi su giornali e media, attinenti numerosi interventi sanzionatori compiuti dalle Autorità Marittime nei confronti dei diportisti nella stagione estiva appena conclusasi, nei quali in molti casi l’infrazione contestata -si legge- riguarda il mancato rispetto della distanza minima dalla costa nell’ancoraggio di natanti ed imbarcazioni, ecco l'intervento di un operatore della nautica, Daniele Pistidda, che introduce alcune importanti riflessioni. Fonte normativa è l’ordinanza della Guardia Costiera 07/2020, denominata “Ordinanza di Sicurezza Balneare”. Essa all’art. 2 definisce la fascia di mare estesa per una distanza fino a 200 metri dalle coste sabbiose e fino a 100 metri dalle coste rocciose e coste a picco come riservata alla balneazione. Il comma 7, lettera a) dello stesso articolo vieta nelle predette fasce il transito di unità navali. Infine, il seguente comma 8 precisa che nelle coste a picco non frequentate da bagnanti (assenza entro 50 metri di distanza) dette fasce possono essere attraversate ai soli fini dell’atterraggio (?) da unità a lento moto (max. 3 nodi) con rotta perpendicolare alla linea di costa, garantendo personale di vedetta a prua. Restano escluse da detta deroga l’ancoraggio e l’ormeggio. La ratio del provvedimento, volta alla tutela della sicurezza e della serenità dei bagnanti, appare sacrosanta - sottolinea - quindi credo pienamente condivisibile da ogni navigante dotato di buon senso. La sua ferrea applicazione di fronte alle spiagge più frequentate (Lido, Bombarde, Lazzaretto, Mugoni ecc.) è da ritenersi doverosa ed inderogabile.
Tuttavia, per quanto concerne le coste rocciose e a picco - evidenzia - credo occorra procedere con un approccio diverso. Nella oramai sessantennale storia del diporto algherese è consolidata tradizione raggiungere in barca le splendide cale regalateci da madre natura per godere dei deliziosi anfratti e dei suoi splendidi panorami. Si tratta di una prassi ampiamente diffusa tra i cittadini algheresi e non, che a bordo di natanti e imbarcazioni di ogni forma e lunghezza praticano il diporto nautico “andando per calette”, con una trasversalità che le conferisce una connotazione assai democratica. Naturalmente detta attività non è scevra da problemi, vedi vicini di barca chiassosi e maleducati, o incivili che scorrazzano tra le barche alla fonda a velocità imprudenti o improprie. Tuttavia, credo che negli ultimi 50 anni non si sia verificato nel suddetto contesto alcun incidente di rilievo. Il comportamento della stragrande maggioranza dei diportisti è difatti caratterizzato da grande educazione e rispetto del prossimo, e da una forte attenzione al tema della sicurezza. Non di rado bagnanti in difficoltà sono stati soccorsi dagli stessi diportisti. Per questo, la recente moda diffusa sui social di bollare l’intera categoria come “cafoni” da parte di soggetti evidentemente disinformati, se non in mala fede, è del tutto ingenerosa e va decisamente rispedita al mittente. È da evitare, nell’interesse di tutti, una guerra di religione tra bagnanti e diportisti.
Daniele Pistidda propone due osservazioni. La prima: come premesso l’ordinanza sopra citata vieta ai diportisti l’accesso a meno di 100 metri dalle coste rocciose e a picco. L’applicazione tout court della norma introduce però palesi effetti distorsivi: tenuto conto delle particolari caratteristiche morfologiche del litorale di Alghero, essendo ogni diportista obbligato al rispetto di detta regola, se essa fosse applicata da tutti alla lettera si avrebbe la particolare condizione di assistere ad una lunga fila di barche alla fonda ad oltre 100 metri dalla costa, nel blu, su fondali con profondità spesso superiori ai 50 metri. Immagino che le persone a bordo, atteso che quasi nessuno fa il bagno sull’abisso, dovrebbero nuotare per un centinaio di metri per poter raggiungere le calette. Tutto ciò, oltre a non risolvere alcun problema di sicurezza, ne pone altri piuttosto evidenti: penso alle difficoltà d’ancoraggio, alla visibilità di un nuotatore in mare aperto, alle meduse, alla corrente, all’eventualità di un malore mentre ci si trova distanti sia dalla barca che dalla costa: difatti la grande maggioranza dei diportisti nel fare il bagno non si allontana che di pochi metri dalla barca ospitante.
Introduco la seconda osservazione ponendo alcuni quesiti: perché qui da noi la suddetta norma ha carattere così restrittivo? Nelle altre Circoscrizioni Marittime è prevista la stessa regola? E perché altrove non si riscontra un così alto numero di infrazioni?
Le varie articolazioni territoriali della Guardia Costiera emettono le ordinanze nel rispetto delle indicazioni loro trasmesse dal Comando Generale delle Capitanerie di Porto. È quindi interessante soffermarsi a leggere come queste vengano personalizzate per conformarle a ciascuna realtà. Osservando ad esempio le ordinanze di Bosa, Arbatax, oppure l’Elba, le cui coste presentano caratteristiche non difformi da quelle di Alghero, salta all’occhio una piccola ma fondamentale differenza: al punto in cui da noi all’art. 2 comma 8, vengono individuate le deroghe al divieto, le altre ordinanze citano, oltre all’atterraggio, anche la possibilità di ancoraggio e ormeggio (sempre nel rispetto delle regole di sicurezza, quali: avvicinamento perpendicolare alla costa, a lento moto e a distanza di mt. 25 da eventuali bagnanti). Ecco, la semplice introduzione di queste poche righe cambia decisamente la situazione. È una piccola modifica che, se adottata, risolverebbe equamente il problema della convivenza tra diportisti e bagnanti, levando inoltre a quest’ultimi “l’arma impropria” della richiesta d’intervento della Guardia Costiera quando non gli garba la presenza di barche nella caletta prescelta, senza che queste si fossero minimamente avvicinate ai bagnanti o che stessero causando alcun disturbo o pericolo. Tra l’altro con grave dispendio di risorse e di tempo per le Autorità Marittime. In ultimo sarebbe utile per standardizzare l‘ordinanza con le analoghe emesse dalle Circoscrizioni adiacenti, garantendo uniformità normativa a tutti gli utenti. Concludo ricordando che sarebbe utile una maggiore sensibilizzazione di tutti al tema della sicurezza in mare, spesso ad esempio compromessa da chi si pone alla guida di piccoli natanti sfruttando l’assurda assenza dell’obbligo di patente. Ma questo è un altro tema, che rimandiamo ad una successiva analisi.
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